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Il difficile compromesso tra interessi diversi

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L'ANALISI

Il difficile compromesso tra interessi diversi

La Cina è oggi un'economia di mercato? Per orientare la riflessione sulla risposta, alla quale la Commissione europea sarà presto chiamata a rispondere, suggerirei una rilettura del volume ormai classico di Peter Hall e David Soskice sulle varietà dei capitalismi. Gli autori sostengono che vi sono almeno due tipi di economie di mercato, quelle liberali di tipo anglosassone e quelle «coordinate» dell'Europa centrale dove lo Stato non si limita a regolare i mercati ma vi interviene in modo diretto e talvolta pervasivo.

A queste due categorie si potrebbe aggiungere un modello del Sud Europa dove la terzietà dell'intervento della pubblica amministrazione è per lo meno dubbia, e probabilmente anche un modello di capitalismo latinoamericano. Curiosamente, la prima edizione di quel volume è del 2001, ovvero l'anno di ingresso della Cina nel Wto, l'organizzazione del commercio mondiale, quando la vicenda del riconoscimento dello status di economia di mercato ebbe inizio. Si stabilì infatti, allora, che dopo quindici anni il Wto si sarebbe pronunciato sulla questione, ed il tempo sta per scadere con la Ue che dovrà esprimere il suo parere in merito.

Nel frattempo, abbiamo assistito ad almeno due vicende che condizionano la risposta alla domanda iniziale, che inevitabilmente non sarà accademica (esiste una varietà cinese dell'economia di mercato?) ma assai politica. La prima vicenda riguarda le conseguenze dell'ingresso della Cina nel Wto, con l'ascesa prepotente del gigante asiatico che nel 2000 contava per il 3,9% dell'export mondiale (più o meno come l'Italia) ed oggi è il primo paese esportatore con il 12,4% (l'Italia è passata al 2,8). La concorrenza cinese ha messo in crisi interi settori e filiere della manifattura occidentale, costringendo aziende a ridefinire il loro business pena la scomparsa e agendo da leva potente di selezione tra imprese vincenti e perdenti. Inoltre, l'ingresso della Cina nel Wto ha indotto molte aziende occidentali ad investire intensamente in quel Paese per conquistarne il mercato, spesso con lo strumento della joint venture con entità cinesi che il governo del Celeste Impero suggeriva più o meno come unica possibilità. Assumendosi il rischio di diritti di proprietà mal definiti e con la conseguenza di spostare verso l'alto il livello di qualità e di innovazione dei partner cinesi, pronti a trasformarsi in concorrenti.

La seconda vicenda che ha scosso l'economia globale è la crisi partita nel 2007-8, che ha prima stremato interi comparti e poi ridotto l'universo industriale di alcuni Paesi occidentali tra cui il nostro, con quel processo di selezione talvolta estrema che si era già avviato. Nel frattempo la crescita cinese si andava rafforzando con quella di altri Emergenti, e le opportunità di quei mercati offrivano un parziale rifugio per le imprese più avanzate, quelle esportatrici. Oggi siamo ad un nuovo punto di svolta, con molti Emergenti in difficoltà e con la Cina che attraversa una faticosa doppia transizione, verso tassi di crescita più bassi e verso un mix di Stato e mercato (basti pensare ai recenti interventi del governo per stabilizzare le borse valori in altalena).

Per tornare alla domanda iniziale, è difficile considerare oggi la Cina una economia di mercato, con il credito alle imprese concesso sovente con criteri non propriamente economici, interi settori sussidiati e forti restrizioni per gli investitori esteri, solo per citare alcuni aspetti. Ma non vi è dubbio che, nel panorama attuale, la sfera economica e quella politica cinesi rappresentino anche elementi decisivi per assestare il puzzle globale. In Europa si confrontano come sempre interessi diversi: quelli dei Paesi che producono soprattutto servizi e finanza e per i quali la Cina è soprattutto un cliente, Regno Unito in testa, e che non saranno ostili a concedere quello status; quelli dei Paesi manifatturieri per i quali la Cina è soprattutto un concorrente, Italia in primo luogo, e che si oppongono a quella concessione. Un compromesso sembra l'esito più probabile, l'augurio è che sia di alto livello.
smanzocchi@luiss.it

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