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il vertice a bruxelles

Ue-Turchia: dal summit 3 miliardi ad Ankara per l’emergenza migranti

  • –dal nostro corrispondente , con un’analisi di Gianadrea Gaiani

BRUXELLES – Dopo un lungo negoziato a 29, l'Unione europea e la Turchia hanno raggiunto un accordo per meglio gestire l'arrivo di migliaia di immigrati dal Vicino Oriente. Con l'intesa firmata a Bruxelles ieri sera c'è il desiderio di rilanciare i rapporti tra Bruxelles ed Ankara. In cambio dell'aiuto turco, i Ventotto hanno preso l'impegno di aprire nuovi capitoli negoziali in vista dell'adesione del paese nell'Unione, una adesione che nel caso appare comunque molto lontano.

«Non ci aspettiamo certamente che qualcuno controlli le nostre frontiere al nostro posto», ha detto in una conferenza stampa il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. «Ma ci aspettiamo un cambio di passo nella gestione dei flussi migratori». Dal canto suo, Ankara ha utilizzato l'incontro per dimostrare al mondo che, per l'Europa, la Turchia è un partner politico indispensabile. Il vertice è stato definito “storico” dal primo ministro Ahmet Davutoglu.

I Ventotto si sono messi d'accordo per concedere alla Turchia aiuti finanziari per 3 miliardi di euro. La proposta della Commissione europea suddivide l'ammontare in due quote: 500 milioni provenienti dal bilancio comunitario, e altri 2,5 miliardi provenienti dagli stati membri. In un primo tempo, la Turchia avrebbe voluto che i 3,0 miliardi fossero versati ogni anno. I Ventotto hanno rifiutato, accettando che la somma venisse distribuita su due anni.

La proposta di suddivisione del denaro presentata da Bruxelles non piace, tanto che gli stati hanno deciso di rinviare a un momento successivo la trattativa su questo nodo. In cambio dell'aiuto finanziario, la Turchia – che ospita 2,2 milioni di profughi siriani – si impegnerà a organizzare il rimpatrio delle persone che non hanno diritto all'asilo in Europa, a promuovere l'occupazione dei profughi siriani presenti nel paese, a lottare contro la criminalità.

Controversa è stata la richiesta di Ankara di strappare l'impegno europeo ad aprire nuovi capitoli negoziali in vista della sua adesione all'Unione. Il capitolo 17 verrà aperto a metà dicembre. Su pressione di Cipro è stato deciso di rivedere la dichiarazione che in un primo tempo elencava gli altri capitoli da aprire. Il testo finale prevede che Bruxelles faccia il lavoro preparatorio per l'avvio di altri capitoli negoziali «senza pregiudizi per la posizione degli stati membri».

Cipro vuole assicurazioni su una futura riunificazione dell'isola, oggi divisa tra ciprioti greci e ciprioti turchi, prima di dare il suo benestare su questo fronte. Vi sono dubbi a Bruxelles che Ankara ambisca veramente all'ingresso nell'Unione, tenuto conto sia della freddezza europea sulla questione, sia della politica estera assertiva del paese. Tant'è: il premier Davutoglu, fosse solo per motivi di politica interna, ha affermato che la Turchia «è una nazione europea» e «parte della famiglia» europea.

Non è un caso se la dichiarazione approvata ieri sera prevede che «tutti gli elementi» dell'accordo «debbano essere portati avanti in contemporanea e monitorati da vicino». Lo scambio più chiaro è quello tra liberalizzazione dei visti e accelerazione sui rimpatri. È evidente che i Ventotto non vogliono concedere troppo alla Turchia senza assicurarsi un ritorno. L'Unione ha aspettative «molto alte» sul rispetto dei diritti umani in Turchia, ha sottolineato il premier Matteo Renzi.

La posizione dell'Europa è particolarmente difficile. Da un lato, ha certamente bisogno della Turchia per meglio controllare le frontiere esterne dell'Unione, frenare il flusso di profughi provenienti dal Vicino Oriente (interpellato su questo aspetto, Davutoglu non ha voluto prendere impegni cifrati). Dall'altro, l'Unione nutre dubbi sui rapporti di Ankara con lo Stato islamico (Isis), l'organizzazione che ha rivendicato numerosi attentati, tra cui quelli particolarmente sanguinosi di Parigi.

Secondo alcuni osservatori, Ankara starebbe finanziando l'Isis perché quest'ultima, di matrice sunnita, sarebbe agli occhi dell'establishment turco un baluardo contro la nascita di un blocco sciita in Medio Oriente, composto dall'Iran, dall'Irak e dal Libano, che isolerebbe la Turchia. Non per altro, Tusk ha precisato che l'adesione all'Unione prevede che «i valori europei siano rispettati anche sul fronte dei diritti umani». A sostenere la necessità di un accordo con la Turchia è stata soprattutto la Germania.
Agli occhi della cancelliera Angela Merkel, la collaborazione con Ankara nel controllo delle frontiere esterne dell'Unione è considerata indipensabile per meglio gestire i flussi migratori. Ieri, prima del vertice, la stessa Germania ha organizzato un incontro con altri sette paesi europei favorevoli al reinsediamento in Europa dei profughi ancora fuori dal territorio europeo, un meccanismo che Berlino ritiene più efficace, più facile da mettere in pratica del ricollocamento dei rifugiati già arrivati nell'Unione.

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