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Le road map di Obama e Putin per battere l’Isis

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la guerra al terrorismo

Le road map di Obama e Putin per battere l’Isis

NEW YORK – Il vertice sull'ambiente si è trasformato anche in un vertice contro il terrorismo dell'Isis. Per Barack Obama era imperativo approfittare della presenza a Parigi dei leader chiave parte del processo di Vienna - e di 200 paesi – per rafforzare la coalizione di 65 paesi, allentare le forti tensioni fra Russia e Turchia dopo l’abbattimento del caccia russo e offrire un percorso politico, militare e diplomatico per rafforzare il processo di Vienna e gli obiettivi di un recupero della stabilità in Siria.

Il messaggio più nuovo e più forte è stato per la Turchia: che si chiudano i confini, ha chiesto Obama: «Soprattutto circa 98 chilometri di confine ancora aperto, uno spazio utilizzato dai combattenti dell'Isis per far entrare nuovi arruolati e uscire guerriglieri già addestrati, ma anche per far transitare petrolio destinato alla vendita e al finanziamento delle attività terroristiche». Su questo punto Obama ha dato ragione a Putin. Il presidente russo ha confermato che il Califfato utilizza passaggi nel confine turco per vendere petrolio. La differenza è che Putin afferma che la Turchia «autorizza il passaggio e le vendite di petrolio per trarne vantaggio… e la ragione per la quale il nostro caccia è stato abbattuto è proprio quella – ha detto Putin – le nostre azioni militari avevano provocato seri danni a questo traffico».

Nonostante la retorica forte non sarà l'incidente del caccia russo a far deragliare il processo di Vienna. Putin ha anche detto di aver parlato con Barack Obama della questione siriana: «Abbiamo un'intesa su come procedere se parliamo di una soluzione politica – ha detto Putin – dobbiamo lavorare a una nuova costituzione siriana, a nuove elezioni e come gestire il risultato». Obama ha di fatto confermato, partendo da una posizione diversa: «Non credo che Vladimir Putin farà marcia indietro per il suo appoggio a Assad non vedremo una virata di 180 gradi, ma credo che nel tempo il presidente russo, dopo aver perso un aereo civile e un caccia e suoi soldati in questo conflitto capirà che è importante procedere verso una soluzione politica in Siria e attaccare frontalmente il vero nemico comune cioè l'Isis. Disturberà con attacchi terroristici ma alla fine vinceremo spogliandolo del suo territorio».

Sulla base di queste dichiarazioni il tracciato è chiaro: l'America accettera' – e di fatto lo ha gia' accettato a Vienna – che Bashar Assad resti alla guida del governo durante il processo di transizione e dopo il cessate il fuoco previsto per il 1 di gennaio. Da qui alle prossime settimane la Russia continuerà ad investire “risorse military” come ha detto Obama, contro i ribelli che saranno poi al tavolo del negoziato politico nella transizione. Indebolire queste forze ribelli con cui l'America «non si trova necessariamente in sintonia al 100%» come ha detto di nuovo Obama, significa indebolire la loro posizione quando partira' il negoziato per la transizione: «Sara' impossibile per Assad riunire il Paese e portare tutte le fazioni in un nuovo governo inclusive. Sarà possibile però preservare uno stato siriano e avere un governo che rappresenti i vari gruppi politici in Siria» ha detto ancora Obama.

Sono dichiarazioni quelle di Obama che mettono in evidenza una differenza sottile fra la retorica anti-Assad e il pragmatismo per una soluzione. A parole né Obama né Putin sembrano fare dei passi indietro, ma nel leggere con attenzione le loro posizioni ci accorgiamo che dicono la stessa cosa: Putin favorisce una soluzione politica, Obama favorisce una continuità dello stato siriano. Tradotto in termini pratici questo significa che Assad potrà governare la transizione e uscire di scena con il beneplacito russo una volta terminato il processo. In cambio l'America accetterà che il nuovo capo del governo siriano sia del gruppo di Assad in modo da garantire una continuità dello stato. E' chiaro che in questo delicate equilibrio l'incidente fra Russia e Turchia rischiava di far saltare il processo.

Ma Putin ha mostrato di avere nervi saldi. Ha circoscritto le sue ostilità solo contro la Turchia «con cui abbiamo avuto problemi da tempo» ha detto, senza mai mettere in dubbio gli accordi di Vienna. Il vertice di Parigi è dunque servito ad evitare una possibile crisi che poteva spaccare il processo siriano. Ha messo in evidenza l'urgenza per la Turchia di chiudere i suoi confini consentendo come ha detto Obama «di strangolare finanziariamente l'Isis». Allo stesso tempo Obama ha apprezzato gli sforzi umanitari sottoscritti dalla Turchia ha chiesto che i rifugiati continuino ad essere accolti, ma sempre con cautela: «Perché il rischio di avere jihadisti e grande, I controlli devono essere serrati e non vogliamo che si ripetano attacchi come quelli di Parigi in altre capitali europee o negli Stati Uniti».

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