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Le promesse di Pechino avvolta nell’inquinamento

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Asia e Oceania

Le promesse di Pechino avvolta nell’inquinamento

  • –Rita Fatiguso

pechino

Difficile salire in cattedra per parlare al mondo di lotta all’inquinamento quando il tuo Paese è avviluppato in una coltre di smog superiore di venti volte al minimo consentito dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Un’evidente scollatura tra il dire e il fare che dovrebbe imporre tempi ben più rapidi di reazione di quelli classici della diplomazia mondiale.

Eppure, ieri a Parigi all’apertura dell’incontro mondiale sul clima il presidente cinese Xi Jinping ha ribadito che la Cina farà la sua parte abbattendo le emissioni di carbon fossile del 20% entro il 2030 e che contribuirà di suo con una quota di 3 miliardi di dollari per sostenere la lotta dei Paesi poveri mentre sosterrà anche la causa del rifinanziamento, a partire dal 2020, dei cento miliardi che i Paesi più ricchi mettono sul piatto ogni anno allo stesso scopo.

La Cina è davanti agli Stati Uniti come maggiore inquinatore di Co2, totalizza circa il 30% delle emissioni globali, contro il 16% degli Usa.

Ma ieri era una giornata speciale, a lungo attesa. Il presidente Usa Barack Obama e la controparte cinese Xi Jinping sono impegnati a lavorare fianco a fianco per portare avanti un accordo sui cambiamenti climatici.

Dall’altro capo del mondo Pechino, la capitale del Nord, soffre da giorni l’assedio dello smog e proprio nel giorno clou dell’incontro mondiale di Parigi sul clima ha toccato punte da record, alle 13 di ieri, ora locale, l’inquinamento più insidioso, quello dei Pm 2,5, era di 563 e nelle ore seguenti ha più volte toccato quasi il tetto dei 600, hazardous, ovvero colore viola, stando alla app che misura i livelli di tossicità dell’aria in città.

Ci sono cose come l’aria che, quando è malsana non si può nascondere sotto il tappeto come si fa con la polvere in salotto, cose che, guarda caso, servono per vivere. Perché di aria si parla e i grandi della terra, Xi e Obama, si erano visti qui a Pechino nel novembre del 2014, in pieno blu Apec, così si chiama la sfumatura del cielo libero dallo smog perfetta in occasione di eventi speciali, poi negli Usa in ottobre.

Al centro dei loro incontro sempre il clima. In vista dell’incontro bilaterale con Xi, Obama ha detto che la leadership dei due Paesi «è stata fondamentale nello spingere i Paesi partecipanti a ridurre le emissioni».

C’è da credergli, ma la situazione reale specie qui in Cina racconta tutta un’altra storia e ci segnala che i 150 leader mondiali arrivati a Parigi armati di promesse e accompagnati da grandi aspettative devono fare presto.

La situazione che si vive in Cina dice che non si può sperare nel vento perché porti via lo smog da qualche altra parte.

La capitale cinese da giorni non respira come dovrebbe nonostante lo sforzo delle autorità che hanno promesso di tagliare il consumo di carbone e di chiudere le aziende inquinanti.

Grigio, tutto è perso in una nebbia grigia che nebbia non è. In questi giorni di freddo intenso il sistema di riscaldamento a carbone ha creato un effetto boomerang e per i 22,5 milioni di abitanti della capitale la vita quotidiana è diventata davvero molto pesante.

Bonificare un’area grande quanto la Spagna intorno alla città non è stato sufficiente, il bollettino della municipalità attraverso messaggi di testo inviati ai cittadini spiega tutti gli avanzamenti fatti, il numero di fabbriche chiuse, ma poi basta che l’aria si fermi e che il vento latiti per ritrovarsi tutti immersi in uno scenario apocalittico dal quale sembra davvero difficile riuscire a riemergere. Nonostante la proverbiale pazienza la gente per strada non sembra più tanto indifferente, le mascherine si moltiplicano. La consapevolezza cresce in parallelo ai Pm 2.5.

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