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Da Copenhagen schiaffo all’Europa: no a legami più forti su…

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IL REFERENDUM

Da Copenhagen schiaffo all’Europa: no a legami più forti su giustizia e affari interni

L’ultimo schiaffo all’Europa arriva dall’Europa del Nord. La Danimarca ha detto no, seppure di misura (circa il 54% dei voti), a una maggiore integrazione con la Ue in materia di giustizia e affari interni, preservando uno dei suoi quatto opt-out, la possibilità di tenersi fuori da alcune regole dell’Unione concessa a Copenhagen, Londra, Dublino e Varsavia. In questo modo mette però a rischio, secondo il governo, la sua futura partecipazione a Europol.

I danesi erano chiamati a esprimersi, tramite referendum, su 22 direttive europee in materia di crimini che spaziano dal traffico di esseri umani al divorzio alle minacce informatiche. Il governo liberale di Lars Loekke Rasmussen (appoggiato su questo fronte dall’opposizione socialista) non si è però limitato sottoporre agli elettori i singoli quesiti, ma ha chiesto un voto di rinuncia all’opt-out su tutte le questioni di giustizia e affari interni. In pratica una richiesta di maggior cooperazione con l’Europa, in un momento in cui l’emergenza terrorismo e l’afflusso record di profughi sembrano richiederla. Ancora una volta, però, i danesi hanno scelto di difendere la sovranità nazionale, come peraltro era già successo nel 1992 (quando bocciarono il Trattato di Maastricht) e nel 2000 (no all’euro).

Le motivazioni che stavano dietro una richiesta di maggiore integrazione hanno del resto funzionato anche da deterrente, complice la propaganda del Partito del popolo, il movimento euroscettico e anti-immigrazione guidato da Kristian Thulesen Dahl, arrivato secondo alle ultime elezioni e indispensabile sostegno (esterno) al governo. Thulesen Dahl ha sfruttato l’incertezza sulle reali implicazioni della rinuncia all’opt-out, agitando lo spettro di una Danimarca invasa dagli immigrati, mentre finora il Paese ha potuto tenersi fuori dal dibattito e dagli oneri sulla ripartizione dei rifugiati. E a poco è valsa la rassicurazione del premier che non sarebbero state queste le conseguenze di un sì al referendum.

Restano ora da valutare le ricadute concrete della vittoria del no. Sul piano interno, il governo aveva avvertito che, senza un maggior coordinamento con i partner, la Danimarca avrebbe rischiato di restare fuori da Europol, l’agenzia per la lotta al crimine dell’Unione europea che sarà sottoposta l’anno prossimo a una importante riforma che la trasformerà in una vera e propria istituzione europea.

Ci sono però anche possibili ricadute al di fuori della Danimarca, in particolare sul dibattito legato a Brexit, la possibile uscita di Londra dall’Unione europea che sarà sottoposta a referendum popolare. La vittoria del no potrebbe dare un’ulteriore spinta alle forze euroscettiche, ma anche fornire una leva in più al premier britannico David Cameron nella sua battaglia per riformare dall’interno le istituzioni comunitarie. Per Bruxelles, in ogni caso, non è un bel segnale.

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