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Quel dialogo tra Draghi e i mercati volubili

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DRAGHI E I MERCATI

Quel dialogo tra Draghi e i mercati volubili

Quando in una sola seduta l'euro, come giovedì dopo la conferenza stampa di Mario Draghi, mette a segno il rialzo più forte dal 2009, nel giorno in cui la Federal Reserve annunciò l'avvio del Qe, è chiaro che il messaggio va corretto.
È quello che ha fatto Draghi ieri a New York.
È sbagliato dare troppa importanza alle oscillazioni giornaliere dei mercati. Quando nel 2012 il presidente della Banca centrale europea annunciò il piano Omt, i mercati azionari europei persero il 5%. Solo più tardi, si convinsero che era stato un punto di svolta nella crisi dell'eurozona.

Giovedì «i mercati si aspettavano misure che non sono arrivate», ha detto lapalissianamente il presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, in un raro commento di un banchiere centrale su quel che accade ai suoi colleghi. Ieri, il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, è stato un po' più esplicito. «Dobbiamo riconoscere che i mercati si sono sbagliati nel formare le proprie aspettative», ha detto, in qualche modo ammettendo almeno un concorso di colpa fra le voci della Bce che avevano incoraggiato queste aspettative nelle settimane scorse e i mercati stessi, che un po' si sono lasciati trascinare e un po' parlano attraverso le posizioni del proprio trading book. Peraltro, bastava ascoltare alla vigilia, come ha riportato il Sole 24 Ore già nella mattina di giovedì, un osservatore attento e un conoscitore dei processi interni della Bce come Francesco Papadia, per 15 anni capo delle operazioni di mercato all'istituto di Francoforte, per leggere che l'estensione del Qe e l'allargamento della tipologia di titoli acquistabili, poi annunciati, erano più probabili di un aumento dell'importo mensile, che infatti non è stato varato.

Ma i mercati si erano convinti diversamente. E oggi, per un banchiere centrale, le aspettative dei mercati sono impossibili da ignorare.
Draghi, che i mercati li conosce bene e sa quanto possano essergli utili nell'orientare la situazione nella direzione voluta, ma anche quanto possano ostacolare l'azione della banca centrale se si mettono di traverso, ha visto in poche ore dissipata parte del miglioramento delle condizioni finanziarie dell'eurozona incassato nelle settimane precedenti. E ieri ha corretto il tiro della comunicazione.
Senza cambiare di una virgola la sostanza delle affermazioni di giovedì, insistendo che la “ricalibrazione” appena decisa sarà sufficiente, ma dando anzi tutto alcune cifre che i mercati chiedevano il giorno prima e non avevano ottenuto: con le nuove misure, il programma di acquisto di titoli balza di 680 miliardi di euro (360 di nuovi acquisti, 320 di reinvestimento dei titoli in scadenza), il 6,5% del prodotto interno lordo dell'eurozona, una quantità non proprio trascurabile.

Ma, soprattutto, il presidente della Bce ha usato per due volte l'espressione «senza limiti» e per due volte «senza ritardo». Per rafforzare il messaggio che non intende fermarsi se vedrà che l'obiettivo di avvicinare l'inflazione al 2% sfugge, o si allontana troppo.
In precedenza, il banchiere centrale italiano aveva offerto una spiegazione delle cause domestiche della bassa inflazione e insistito sull'importanza di non trascurare l'inflazione di base (core inflation), che predice meglio le tendenze di medio periodo, anche se l'obiettivo della Bce è l'inflazione al consumo (headline inflation): un modo per contraddire le argomentazioni del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che la causa va cercata soprattutto nel prezzo del petrolio.
Tutto sommato, Draghi è apparso più convincente di giovedì. Resta da vedere se i mercati, dopo essersi scottati una volta avendolo seguito forse al di là delle sue stesse intenzioni, siano disposti a credere che il «senza limiti» di oggi vale tanto quanto il «whatever it takes» di ieri.

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