Prendersi cura dei bambini, degli anziani, dei disabili, della cucina e delle pulizie, compiti tradizionalmente non pagati e lasciati alle donne o agli invisibili collaboratori domestici. Lavoratori che usufruiscono di un rapporto di lavoro atipico (senza orari di lavoro e ferie), che li rende invisibili al mondo esterno e che permette ai datori di lavoro di infrangere facilmente le legislazioni sul lavoro. È l'analisi che emerge da un report del Parlamento Europeo sui lavori invisibili.
Con i rapidi cambiamenti del mondo del lavoro e degli equilibri demografici nell'Europa Occidentale, la sempre maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il difficile bilanciamento tra lavoro e vita familiare, l'invecchiamento demografico, è aumentata la domanda di lavoratori domestici che costituiscono un settore dell'economia in crescita.
Nel mondo ci sono almeno 52,6 milioni di lavoratori domestici, secondo l'Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO), e ben 43,6 milioni è costituito dalle donne. Dai dati della Commissione Ue, nel 2012 in Europa 2,6 milioni di persone, per l'89% donne, collaboratori domestici. Tra questi il 27% in Italia, seguita dalla Spagna (25%) e dalla Francia (23%).
In Italia la presenza delle donne nel lavoro domestico è cresciuta dal 78,3%,del 2009, all'89% del 2015. In generale è difficile avere un numero esatto, molti di questi lavoratori non sono destinatari di un contratto regolarmente registrato e svolgono lavori informali, senza benefit di sicurezza sociale e senza assistenza sanitaria. Finiscono così a far parte dell'economia informale.
Un settore che nel 2010, secondo i dati dell'European Federation for Services to Individuals, nel mercato dei servizi personali costituiva il 70% in Italia e in Spagna, il 50% nel Regno Unito, il 45% in Germania, il 40% in Olanda, il 30% in Spagna e in Belgio e il 15% in Svezia. Gli uomini in genere svolgono lavori di giardinaggio, o sono impiegati come autisti o per servizi di sicurezza.
Alcuni lavorano a tempo pieno e vivono presso il domicilio del datore di lavoro, mentre altri vivono altrove e si recano al lavoro per un certo numero di ore a settimana. Non sono poche le difficoltà che incontrano questi lavoratori: la mancanza di un alloggio adeguato, di privacy, di un'assicurazione sanitaria, di protezione contro la malattia per non parlare degli incidenti sul lavoro e dei pericoli domestici.
È inoltre assai difficile, per questa categoria di lavoratori, accedere ai benefits di sicurezza sociale come la maternità o la pensione. Al contrario malattie, incidenti e gravidanze possono essere motivo frequente per un licenziamento immediato. In molti casi si tratta di fatti di un lavoro precario, soprattutto per i migranti senza un'indicazione riguardo la durata dell'impegno lavorativo e l'incertezza su eventuali impieghi futuri. I salari dei lavoratori domestici sono spesso inferiori alla media stabilita e non prevedono il pagamento degli straordinari.
In questa zona grigia, al di sotto e fuori dalle regole, non di rado il datore di lavoro decide l'ammontare delle retribuzioni, calcola a volte in maniera inadeguata l'orario o, spesso, paga in ritardo. In Italia, secondo dati Inps nel 2014 i lavoratori domestici erano per il 23% di nazionalità italiana, per il 46% di un'altra nazionalità Ue, per il 31% provenienti da paesi terzi.
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