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Polemica sulle guardie di frontiera Ue

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Polemica sulle guardie di frontiera Ue

  • –Beda Romano

bruxelles

Ha provocato alcune reazioni negative la proposta della Commissione europea, ufficializzata ieri, che prevede la trasformazione di Frontex in una nuova Agenzia europea di guardie di frontiera e di guardie costiere. Nelle situazioni di emergenza, l’esecutivo comunitario potrà ordinare il dispiegamento di doganieri europei nel paese in difficoltà, dopo aver consultato e ricevuto il benestare degli stati membri. La possibilità non piace ad alcuni paesi, soprattutto dell’Est.

L’obiettivo è di far fare un salto di qualità a Frontex e preservare la libera circolazione nello Spazio Schengen, in un contesto nel quale l’Europa ha assistito all’arrivo nei primi 11 mesi di quest’anno di 1,5 milioni di rifugiati provenienti dal Vicino Oriente e dal Nord Africa. Ha commentato Frans Timmermans, il vice presidente della Commissione europea: «In una area di libera circolazione senza frontiere interne, la gestione dei confini esterni è una responsabilità condivisa».

La proposta comunitaria, che dovrà essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio, prevede la nascita di una riserva di 1.500 persone provenienti dai corpi di guardia di frontiera nazionali, disponibile a essere dispiegata alla frontiera esterna dell’Unione nel giro di tre giorni, con l’obiettivo di far fronte a una situazione di difficoltà. Inoltre la nuova agenzia potrà collaborare con i paesi terzi, organizzare rimpatri, monitorare le aree di potenziale emergenza.

L’aspetto più interessante è quello relativo alle situazioni di crisi. Nel caso un paese disattenda le raccomandazioni europee, la Commissione potrà preparare un atto di esecuzione. «Questo – si legge nella documentazione pubblicata ieri – permetterà all’Agenzia di intervenire immediatamente nelle situazioni di crisi, con il dispiegamento di squadre di guardie di frontiera e guardie costiere al confine esterno». Dichiarazione di principio o svolta concreta nella gestione della sovranità nazionale?

Il ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski ha notato che la Commissione vorrebbe creare «una istituzione indipendente dagli stati nazionali: sorprendente». Il suo omologo ungherese Peter Szijjarto ha aggiunto: «Non accetterò una assunzione d’autorità dei compiti di controllo alle frontiere». Preoccupato da una possibile cessione di sovranità, il premier greco Alexis Tsipras ha detto che appoggerà il piano solo se il suo paese potrà avere l’ultima parola nel potere di polizia.

L’argomento è scivoloso, il contesto istituzionale incerto, il testo ambiguo. Nell’articolo 18 si legge che una volta emesso l’atto di esecuzione «lo Stato deve rispettare la decisione della Commissione e (...) cooperare immediatamente con l’Agenzia». Contro il suo volere? Spiega un esponente comunitario: «La trafila prevede che l’Agenzia (dove siedono i governi, ndr) venga consultata e poi che l’atto di esecuzione venga approvato da un comitato in cui sono presenti tutti i paesi».

Inoltre, l’articolo 61 spiega che «l’attività dell’Agenzia alla frontiera esterna di un paese o nelle sue vicinanze deve avere il voto favorevole di questo stato» nel consiglio direttivo della stessa Agenzia. Dell’iter Bruxelles ha dato interpretazioni diverse: per alcuni i doganieri europei possono sbarcare nel paese in crisi anche nel caso di dissenso del governo; per altri, nel caso di opposizione, Bruxelles non può che adire la Corte di Giustizia, fosse solo per la sfida di schierare forse di polizia in un paese sovrano.

Parlando dinanzi al Parlamento europeo, il commissario all’immigrazione Dimitri Avramopoulos ha lasciato intendere che più realistica è la seconda ipotesi: «Il progetto prevede un trasferimento di responsabilità, senza toccare la sovranità di un paese (...) Nulla può accadere senza la cooperazione degli Stati». Al di là degli aspetti più controversi, la proposta comunitaria prevede che il bilancio della nuova Agenzia sia nel 2020 di 322 milioni di euro, tre volte il bilancio attuale di Frontex.

Sempre ieri, Bruxelles ha presentato un rapporto sulla situazione dei centri di accoglienza dei profughi in Italia e sulla necessità di fare maggiori sforzi nella raccolta delle impronte digitali (si veda Il Sole/24 Ore di ieri). Infine, la Commissione ha presentato una proposta di modifica della legislazione europea che imporrà il controllo digitale dei documenti di tutti i cittadini europei al momento dell’entrata nell’area Schengen. Il cambiamento era stato chiesto dai Ventotto in una recente riunione ministeriale.

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