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Putin sfida la Turchia: «Provi a violare lo spazio aereo…

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CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO

Putin sfida la Turchia: «Provi a violare lo spazio aereo siriano». Con Erdogan dialogo impossibile

«Non so bene cosa dire», esordisce a sorpresa Vladimir Putin: la tradizionale conferenza stampa di fine anno, un appuntamento che dura in media tre/quattro ore, segue di due settimane il Discorso sullo stato della nazione, rivolto dal presidente russo davanti alle Camere riunite. Al World Trade Center sulla Moscova si passa dunque subito alle domande dei quasi 1.400 giornalisti presenti (un record), ed è già con la prima che il petrolio sale sul banco degli imputati. Putin è contrariato, il crollo dei prezzi ha costretto il suo governo a rivedere le previsioni sulla crescita e le proprie strategie.

A inizio 2014, spiega il presidente russo, «avevamo fatto i nostri calcoli partendo da un prezzo di 100 dollari al barile, che poi si è dimezzato, e ora anche una previsione di 50 dollari per il 2016 sembra troppo ottimistica». Il governo sta preparando piani d’azione in grado di affrontare ogni scenario: ma la nostra economia, ripete Putin, è troppo dipendente da fattori esterni. Ansioso di rassicurare gli ascoltatori, il presidente russo si è affrettato però a dire che il picco della crisi russa è passato («almeno il picco»), e che se tra il 2016 e il 2018 il petrolio si attesterà sui 50 dollari, l’economia potrà tornare a crescere: «Gli investitori già tornano a mostrare interesse verso di noi».

Il secondo imputato, il secondo tema cruciale è la Turchia, sullo sfondo dell'intervento russo in Siria: è lo stesso Putin a incoraggiare le domande dei giornalisti turchi, per ribadire il proprio punto di vista sulla crisi esplosa dopo l'abbattimento di un caccia russo per mano delle forze aeree turche, il 24 novembre scorso. E rispondendo, non nasconde la rabbia. Parla di «atto ostile», torna a domandarsi le ragioni del gesto di Ankara: «Forse i turchi hanno deciso di mostrarsi compiacenti con gli americani - dice Putin, usando in realtà un linguaggio molto meno diplomatico per rendere l’idea - non so poi se di questo gli americani avevano bisogno». L’ipotesi del capo del Cremlino è che ci sia stato uno scambio: l’abbattimento di un aereo russo in cambio dell’assenso di Washington all’ingresso delle truppe turche in Iraq.

Putin trova soprattutto irritante il fatto che dopo aver abbattuto il caccia russo, invece di scusarsi con Mosca e dare spiegazioni, Ankara abbia convocato un vertice Nato. Che cosa hanno ottenuto?, si è chiesto Putin: «Pensavano che ce ne saremmo scappati via? La Russia non è un Paese fatto così». E ora che la Russia ha reagito dispiegando in Siria sistemi missilistici di difesa anti-aerea, «provino ora i turchi a volare (nello spazio aereo siriano, ndr)». Il verdetto finale del presidente russo è che non sarà possibile rimediare migliorando le relazioni «con l’attuale leadership turca». Responsabile, tra l’altro, di «un’islamizzazione strisciante che farebbe rivoltare Ataturk nella tomba».

Più conciliante verso gli Stati Uniti, a proposito del destino di Bashar Assad Putin ha detto comunque che la Russia non sosterrà mai una soluzione che dall'esterno decida chi deve governare la Siria. «Il presidente americano Barack Obama è preoccupato per la situazione in Medio Oriente - ha detto Putin -. Noi faremo il possibile per trovare il modo di superare questa crisi». La Russia, ha detto il presidente, sosterrà l’iniziativa americana di sottoporre al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione sulla Siria, per avviare una soluzione politica.

È ancora Putin a voler affrontare l’altro fronte ancora aperto, dando la parola a un giornalista «di quella che non mi stanco di ripetere è una repubblica sorella». L’Ucraina, che chiede spiegazioni. Nella sua risposta, Putin ha ripetuto che nel Donbass non ci sono truppe regolari russe (ammettendo però, per la prima volta, la presenza di russi con compiti che possono anche includere la sfera militare). Si è detto deciso a trovare una soluzione della crisi nelle regioni di Donetsk e Luhansk, «purché non sia a spese della gente dell’Ucraina orientale». Putin è deciso a realizzare gli accordi di Minsk per il futuro delle regioni separatiste, eppure sa che dal 1° gennaio i rapporti con l'Ucraina si faranno ancora più difficili. Con l'entrata in vigore dell'Accordo di libero scambio tra Ucraina e Unione Europea, ha spiegato, la Russia si vede costretta a difendere il proprio mercato alzando una barriera negli scambi con l'Ucraina, tariffe che in media - ha detto il presidente - arriveranno al 6%. E questa è la radice del problema che nel dicembre 2013 ha acceso la crisi ucraina.

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