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La riconquista di Ramadi è un banco di prova per Baghdad e per la…

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lotta al califfato

La riconquista di Ramadi è un banco di prova per Baghdad e per la coalizione

La riconquista di Ramadi sarà il vero banco di prova militare e politico per il governo sciita di Baghdad e la coalizione internazionale per evitare gli errori del passato e puntare alla sconfitta del Califfato con la collaborazione delle milizie e della popolazione sunnita.

Il suo valore strategico e simbolico è fuori discussione. Prima di essere ucciso in un raid americano a Baquba nel 2006, il capo di Al Qaeda in Iraq, Abu Musab al Zarqawi, proclamò Ramadi capitale del suo Califfato. Fu lui a ispirare Abu Bakr Al Baghdadi, fondatore dello Stato Islamico. Circa un decennio dopo il nuovo Califfato, erede del giordano Zarqawi, se ne era impadronito minacciando la diga sul lago Habbaniyya e l'omonima base militare dove erano concentrate le milizie sciite.
La città era caduta nel maggio scorso dopo un'imbarazzante disfatta dell'esercito iracheno paragonabile a quella che aveva portato l'Isis alla conquista di Mosul nel giugno 2014. Cinquecentomila abitanti, Ramadi, a 100 chilometri di Baghdad è da sempre una roccaforte sunnita e l'Isis da questa città poteva tenere sotto tiro la strada per la capitale. Rinfrancato da questa vittoria l'esercito iracheno con il sostegno dell'aviazione internazionale e delle milizie sciite può muoversi alla riconquista della provincia sunnita di Al Anbar, la più estesa dell'Iraq, ai confini con Siria, Giordania e Arabia saudita, e preparare l'assedio a Mosul che con Raqqa in Siria costituisce l'asse portante dello schieramento dell'Isis.

Per l'Isis si tratta della sconfitta più pesante negli ultimi 18 mesi e contraddice i discorsi trionfalistici del suo capo Al Baghdadi. In realtà il Califfato ha perso circa il 15-20% dei territori che aveva sotto controllo un anno fa.
Ma attenzione: bisogna essere prudenti prima di affermare che l'Isis è in rotta. La strategia del Califfato è stata sempre quella di conquistare le città ma di mantenere il meglio delle sue truppe fuori dai centri abitati. Anche per questo i raid della coalizione internazionale hanno spesso effetti limitati: l'Isis si fa scudo della popolazione civile, iracheni e siriani sono i veri ostaggi di questa guerra.
La gestione politica della riconquista di Ramadi e le relazioni che saranno instaurate con i sunniti, evitando le vendette, sono in mano al governo a maggioranza sciita di Baghdad: gli errori del passato sono stati pagati duramente con l'avanzata dell'Isis.
Per mesi i residenti di Ramadi avevano chiesto armi a Baghdad per formare squadre di difesa contro il Califfato ma il governo sciita si è mosso con grande lentezza. Gli sciiti non si fidano dei sunniti, come i sunniti non si fidano di loro in tutta la provincia Al Anbar, regione bollente fin dall'occupazione Usa nel 2003 dopo la caduta di Saddam Hussein: qui si organizzò la resistenza agli Stati Uniti e si rafforzò Al Qaeda, da qui partirono le proteste contro l'ex premier Al Maliki.
Ramadi è quindi fondamentale: da come sarà gestita la sua liberazione si potrà capire di più del futuro dell'Iraq e della guerra contro il Califfato.

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