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Obama: oggi i decreti per limitare la vendita di armi

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Obama: oggi i decreti per limitare la vendita di armi

  • –Mario Platero

NEW YORK

Il primo passo per limitare la vendita indiscriminata di armi negli Stati Uniti è fatto: ieri Barack Obama si è incontrato alla Casa Bianca con il segretario alla Giustizia Loretta Lynch per impostare gli aspetti legali e costituzionali di un ordine esecutivo che introdurrà entro questa settimana controlli per coloro che vogliono acquistare pistole, armi semiautomatiche e persino mitra come l’Ak47. Oggi il presidente presena una serie di decreti con le nuove regole. Decisioni - ha voluto chiarire - che «rientrano pienamente nei miei poteri legali e sono in linea con la costituzione» La notizia che anticipava l’ordine esecutivo era stata data direttamente dal presidente nel suo discorso del sabato: «Troppe vittime civili perdono la vita nel nostro Paese per la libera diffusione di armi da fuoco anche a persone psicolabili o con un passato di attività criminali – ha detto Obama –. Se esercitiamo controlli su persone a rischio per impedire che prendano un aereo dobbiamo fare lo stesso per l’accesso alle armi da fuoco, semplici controlli». Obama aveva già presentato in Congresso una proposta per introdurre semplici controlli della fedina penale o delle schede mediche per limitare il rischio che le armi finissero nelle mani di persone che poi le usavano per compiere attacchi più o meno gravi nelle scuole o in luoghi pubblici. L’efferatezza delle stragi di innocenti tuttavia non ha cambiato la posizione ideologica dei repubblicani in Congresso: per loro il porto d’armi è un diritto inalienabile protetto dal Secondo Emendamento della Costituzione. Hanno perciò bocciato la proposta di Obama e hanno accolto ieri l’ipotesi dell’utilizzo dell’ordine esecutivo come un abuso di potere. Domani ci sarà una manifestazione di protesta davanti alla Casa Bianca di attivisti che invocano il diritto assoluto al porto d’armi, mentre ieri Donald Trump ha definito l’azione di Obama non solo come un abuso di potere ma come «il primo passo che ci porterà alla proibizione per tutti di avere armi da fuoco… e questo mentre i terroristi ci attaccano per strada». Il tema è forte e controverso. Obama ha già preparato una risposta alle critiche, giovedì parteciperà a un “Town Hall Meeting” organizzato dalla Cnn alla George Mason University in Virginia e moderato da Anderson Cooper, una delle star della rete televisiva, per discutere della sua azione. Giovedì prossimo non sarà una giornata qualunque: sarà la vigilia del quinto anniversario dell’attacco a Gabrielle Gifford, deputato dell’Arizona colpita a fuoco da uno squilibrato durante un comizio. La Gifford si salvò ma rimase paralizzata, in quell’attacco tuttavia ci furono sei morti, tra cui Christina Taylor Smith, una bimba di 9 anni bellissima e bravissima a scuola, nata l’11 settembre 2001, il giorno dell’attacco all’America di Osama Bin Laden. La morte della bambina divenne un simbolo della lotta per introdurre una forma di porto d’armi in America. L’assassino era un giovane di 22 anni che aveva acquistato in un negozio una pistola Glock 19 semiautomatica che aveva un caricatore con 33 proiettili. Una giornata emotiva dunque che Obama ricorderà nel suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione la settimana prossima, il 12 gennaio.

Le notizie di continue stragi hanno avuto un impatto solo parziale sull’opinione pubblica. È provato che queste stragi, inclusa quella di San Bernardino, il primo attacco dell’estremismo islamico in America, avvengono proprio per la facilità con cui si può avere accesso ad armi pericolossime e più da combattimento che per uso sportivo o per caccia. Ma una buona parte dell’opinione pubblica, mobilitata dalla Nra, la National Rifle Association, la lobby pro-armi negli Stati Uniti, preferisce il diritto ad armarsi liberamente rispetto al rischio di essere vittima di una strage. E quanto difficile sia il dibattito sul piano culturale lo dimostrano due fatti di cronaca di questi giorni.

La settimana scorsa, con una decisione provocatoria che va nella direzione opposta rispetto a quella che vuole imboccare il Presidente, il Texas ha autorizzato il porto d’armi “visibile” per chiunque sia in possesso di armi da fuoco. Un po’ come nei film dei cowboy quando si vedono i pistoleros con le pistole sul cinturone. Il simbolo della decisione texana è rappresentato dalla foto di un cliente in un bar che si è presentato con un Ak47 a tracolla. Un gesto intimidatorio apprezzato da chi, come Trump, afferma che gli americani devono essere pronti a difendersi dal rischio di attacchi di qualunque genere. Il contrappunto della decisione texana lo abbiamo avuto nell’occupazione di un palazzo federale in una riserva naturale in Oregon: un gruppo di miliziani che reclamano le terre sotto il controllo federale sono entrati armati dentro la palazzina. Le forze dell’ordine per ora non sono intervenute e osservano da lontano la situazione. Ma la coincidenza di questi due episodi con l’iniziativa di Obama rende ancora più esplosivo il dibattito nazionale su una delle tematiche più delicate e polarizzanti nella c ultura civica degli Stati Uniti.

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