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Migranti, vertice a 4 a Bruxelles

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Europa

Migranti, vertice a 4 a Bruxelles

  • –Beda Romano

BRUXELLES

Il futuro dell’Area Schengen continua a preoccupare non poco l’establishment comunitario dopo che il controllo alle frontiere è stato reintrodotto anche nella regione scandinava, tradizionalmente molto integrata e per di più lontana dai confini esterni dell’Unione da cui transitano gran parte rifugiati provenienti dal Vicino Oriente. Una riunione tra la Commissione europea e i rappresentanti di Germania, Danimarca e Svezia è stata organizzata per oggi qui a Bruxelles.

Sono attualmente sei i paesi che hanno in vigore il controllo alle frontiere nazionali, sospendendo temporaneamente la libera circolazione nell’Area Schengen, che comprende 26 Paesi. Questi, secondo la portavoce dell’esecutivo comunitario Tove Ernst, sono la Norvegia, la Svezia, la Danimarca, la Francia, la Germania e l’Austria. Generalmente i controlli sono stati reintrodotti per frenare i flussi di migranti, o per rafforzare la sicurezza anti-terrorismo.

L’estate scorsa la sospensione della libera circolazione aveva riguardato i primi Paesi sulla rotta dei migranti verso Nord: la Slovenia, l’Austria, la Germania. Oggi, i controlli ai confini colpiscono il cuore dell’Area Schengen, in altre parole i Paesi scandinavi che più di altri sono la meta finale degli immigrati. Il fenomeno è politicamente significativo: non solo il futuro della libera circolazione appare sempre più incerto, ma la scelta dei controlli acuisce le tensioni e le recriminazioni tra i Paesi.

Non peraltro il commissario all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos è particolarmente preoccupato e ha annunciato ieri di avere organizzato per oggi qui a Bruxelles una riunione con i rappresentanti dei Paesi coinvolti da questa nuova stretta alla libera circolazione: il ministro svedese all’Immigrazione e alla Giustizia, Morgan Johansson, la ministra danese all’immigrazione e all’integrazione Inger Stojberg e il segretario di Stato agli Affari interni del governo tedesco, Ole Schröder.

Secondo il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas, l’obiettivo dell’incontro è di «migliorare il coordinamento fra i Paesi coinvolti per assicurare una miglior gestione della pressione migratoria». Oberata dall’arrivo di migliaia di rifugiati provenienti da Sud, 160mila persone nel 2015, la Svezia ha introdotto controlli d’identità a tappeto alla frontiera con la Danimarca, e quindi sul ponte che collega Malmö e Copenaghen. È la prima volta che succede in oltre mezzo secolo.

La scelta, drastica perché valida per tre anni tanto da essere al vaglio delle istituzioni comunitarie, ha indotto la Danimarca a fare altrettanto alla frontiera con la Germania per un periodo di 10 giorni, rinnovabili (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). L’effetto domino non è piaciuto. Parlando all’agenzia di stampa tedesca Dpa, Torsten Albig, il ministro-presidente dello Schleswig Holstein, ha spiegato che la decisione di Copenaghen «potrebbe pesare sulla buona coesistenza tedesco-danese e soprattutto sui pendolari».

Le tensioni riflettono la paura che i migranti bloccati a Nord restino nei Paesi di transito, in un momento nel quale non decolla la scelta di ricollocare in tutta l’Unione 160mila profughi arrivati in Italia e Grecia. Per di più, c’è il timore di negative ripercussioni economiche. Secondo l’Oresundsinstituttet, un centro-studi di Malmö, il solo controllo d’identità alla frontiera tra la Danimarca e la Svezia comporta nuovi costi giornalieri per circa 175mila euro.

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