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Come affrontare le svalutazioni dello yuan

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Come affrontare le svalutazioni dello yuan

«Quanto durerà ancora e cosa devo fare con i miei risparmi?». La pesante crisi in cui paiono essere sprofondati i mercati in questa prima settimana del nuovo anno lascia spazio soprattutto a questi due interrogativi: domande di per sé semplicissime che necessitano purtroppo di risposte terribilmente complesse, se non addirittura impossibili da fornire. Spesso ci si rifugia nel passato per poter avere qualche elemento in più che possa aiutare nell’orientamento e anche in questo caso si avverte un senso di deja-vu: basta infatti tornare alla scorsa estate per vedere un crollo quasi verticale dei listini di tutto il mondo in seguito ai timori sulla crescita cinese e a una svalutazione inattesa dello yuan, perché in fondo di tutte le novità di questo inizio 2016 (crisi del Golfo ed esperimenti nucleari della Corea del Nord compresi) sono soprattutto le vicende di Pechino a interessare e condizionare gli operatori.

Dall’11 agosto in poi, data in cui la Banca del Popolo passò all’azione sul cambio, e almeno fino al termine di quel mese Piazza Affari lasciò sul terreno il 13,5%, Francoforte (più sensibile all’export verso la Cina) il 18,1% mentre Wall Street si limitò a perdere il 10,6 per cento. In questa settimana, volendo fare un paragone, il Ftse Mib ha per il momento ceduto il 5,7%, il Dax il 7,1% e l’S&P 500 il 4,9 per cento. Ci sono quindi ancora margini di discesa, ma al risparmiatore potrà interessare anche il fatto che dopo la crisi estiva gran parte delle perdite sono state recuperate più o meno rapidamente: i mercati hanno insomma già dimostrato una volta di poter sopravvivere alle svalutazioni dello yuan.

Certo, il passato non si ripete necessariamente con le stesse dinamiche, anche se va detto che altre sono le circostanze in comune con la scorsa estate: per esempio il forte ribasso del petrolio, che ad agosto aveva raggiunto i 37 dollari al barile e che stavolta è sceso fino a quota 33. È con il rimbalzo del greggio (oltre che con lo stop alle svalutazioni da parte della Pboc) che è partito allora il recupero ed è anche dando un’occhiata a questo elemento (legato alla Cina, ma anche a fattori che hanno poco da spartire con le variabili economiche) che si potrà intuire un’eventuale inversione di tendenza.

Rispetto a cinque mesi fa il mondo ha preso però più coscienza del rallentamento globale (lo conferma la revisione delle stime di crescita della World Bank) anche se le possibilità di ripresa dell’Europa restano intatte nonostante la perdita di competitività nei confronti della stessa Cina. Si è poi assistito a un deterioramento significativo della qualità del credito fra i Paesi emergenti e nei settori legati alle materie prime, mentre fra le banche centrali la Federal Reserve ha finalmente avviato la fase rialzista sui tassi e la Bce ha sparato ulteriori cartucce (ma non tutte) del suo arsenale monetario.

Come però fa giustamente notare Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, «una fase rialzista di Borsa si conclude di solito con una recessione innescata a sua volta da un ciclo restrittivo di politica monetaria», elementi che mancano al momento all’appello visto che l’atteggiamento della Fed rimane sempre ultra-accomodante. Ma dopo quasi sette anni di «Toro» sull’azionario (almeno negli Usa) le valutazioni rischiano di essere un po’ tirate: negli ultimi giorni Jp Morgan, Citigroup e in parte Ubs hanno consigliato di ridurre l’esposizione su Wall Street, il che non significa che si debba necessariamente correre a cambiare il portafoglio. «Con la fiducia degli investitori profondamente negativa e l’avversione al rischio elevata è probabilmente un po’ troppo tardi per vendere», conferma Bernard, mentre , il capo economista di Axa, Eric Chaney, delinea «uno scenario nella migliore delle ipotesi neutrale per i mercati azionari globali», ma ritiene che ogni correzione di rilievo possa «rappresentare un buon momento per investire per chi è poco esposto». Fretta e panico, come spesso avviene negli investimenti, possono essere davvero cattivi consiglieri.

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