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Borse cinesi e yuan invertono la rotta

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Borse cinesi e yuan invertono la rotta

Pechino

Le borse cinesi riprendono (finalmente) fiato rimbalzando sul finale di settimana grazie anche all’eliminazione del freno automatico entrato in funzione per ben due volte in una settimana, il che è bastato a produrre effetti disastrosi sul sistema finanziario.

Dopo la chiusura anticipata di giovedì, quando i listini sono crollati in appena mezzora sotto il 7%, ieri dopo una serie di oscillazioni, l’indice Shanghai Composite si è fermato a quota +2% a 3.186 punti. La Borsa di Shenzhen ha guadagnato l’1,05% a 1.978 punti.

E ieri anche la Banca centrale ha preso una pausa nel suo piano deliberato sullo yuan. Il dollaro ha chiuso a 6.5888 contro i 6.5929 di giovedì. Il tasso di riferimento dollaro-yuan in mattinata è stato fissato a 6,5636 contro i 6,5646 di giovedì.

Sono ritornate, in compenso, le voci di dimissioni del capo della Consob cinese, Xiao Gang, sulla poltrona che scotta da due anni. Xiao aveva un mandato chiaro: fare da baluardo al selloff, ma la crisi di agosto e, oggi, il bis contrassegnato dal fallimento del freno a mano alle contrattazioni ne fanno il capro espiatorio ideale. Cosa succederà realmente non è chiaro, per tutta la giornata di ieri sui social network cinesi, specie sui blog specializzati sull’economia si sono susseguite le voci sul suo conto, fatto sta che le incertezze della Commissione di controllo sulle borse in questo avvio d’anno e, soprattutto, lo stop and go sull’uso del freno automatico delle contrattazioni sarebbero alla base della decisione non confermata ufficialmente.

Il laconico comunicato finale diffuso per motivare il blocco la dice lunga: «Attualmente, gli effetti negativi del nuovo sistema sono superiori a quelli positivi». La motivazione di sospendere il meccanismo viene imputata alla volontà del governo di «mantenere la stabilità dei mercati» compromessa dall’automatismo del freno.

La settimana è stata davvero difficile per la Cina e per il Governatore della Banca centrale Zhou Xiaochuan, uomo, di solito, molto prudente. I suoi ripetuti tagli alle quotazioni dello yuan non si comprendono affatto in un momento così difficile per le borse cinesi e per le altre piazze finanziarie messe in pericolo dalle mosse della Banca centrale. Ma la giornata di ieri ha contribuito a riportare un po’ di calma tra gli operatori.

La Banca centrale cinese ha gettato acqua sul fuoco, «punta a mantenere lo yuan sostanzialmente stabile, rendendo la valuta più internazionale», spiega in un comunicato l’Istituto. Pechino vuole mantenere una politica monetaria prudente e fare un uso flessibile degli strumenti offerti dalla stessa politica monetaria per garantire un livello di liquidità adeguato al sistema bancario.

La Banca del popolo cinese ha anche intenzione di liberalizzare ancora di più i tassi di interesse. L’Istituto, inoltre, utilizzerà prestiti a medio termine e impiegherà ulteriori mezzi creditizi in modo da sostenere settori chiave dell’economia.

Proclami già noti, la cui efficacia viene quantomeno messa in dubbio sulla scorta degli ultimi giorni in cui le borse sono finite ancora una volta nel caos. Sì, proprio in questo inizio di anno, alle soglie del Capodanno cinese, in cui le aziende devono garantire anche esborsi speciali in vista delle festività, c’è bisogno di denaro. Come pure per chiudere le partite con il fisco, febbraio solitamente è un mese chiave per questo tipo di movimenti. La vendita massiccia di azioni per realizzare liquidità continua ad essere bloccata dal divieto, reiterato alla scadenza di giovedì scorso. Il blocco delle contrattazioni per ora va in soffitta, ma il mercato resta imballato dai paletti messi sulle vendite.

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