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Caccia italiani in copertura sulla Libia

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Medio Oriente

Caccia italiani in copertura sulla Libia

  • –Gerardo Pelosi

ROMA

L’Italia non sembra affatto disposta a cedere ad altri Paesi come Francia o Regno Unito la leadership della crisi libica. Sia sul fronte diplomatico che su quello strettamente militare il Governo ritiene di avere tutte le carte in regola per governare il processo di stabilizzazione del Paese e guidare la futura missione internazionale. Sta di fatto che la nostra Aeronautica ha dislocato ieri nella base di Trapani Birgi quattro cacciabombardieri Amx di stanza ad Istrana per incrementare, nell’ambito dell’operazione “Mare sicuro”, la capacità di sorveglianza e l’acquisizione di informazioni nell’area del Mediterraneo centrale. La decisione è maturata «in seguito ai recenti sviluppi nell’area dei Paesi del Nord Africa e del conseguente deterioramento delle condizioni di sicurezza» anche dopo le ultime minacce di Al Qaeda contro l’Italia accusata di avere «occupato» militarmente Tripoli.

La mossa italiana arriva dopo alcuni giorni in cui numerosi aerei francesi, inglesi ed egiziani da giorni stanno perlustrando lo spazio aereo libico. In alcuni casi Rafale egiziani, riforniti da aerei cisterna francesi partiti dalla base di Istres , hanno neutralizzato alcuni obiettivi Isis. I “caccia” italiani sono pronti a partire anche solo per illuminare i bersagli da colpire come stanno facendo da mesi i quattro Tornado di stanza nel Kuwait che operano in Iraq. Ma non si tratta di azioni imminenti come ha tenuto a precisare il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni in un’intervista al giornale francese Le Figaro. Secondo il capo della nostra diplomazia nessuna azione militare «è all’ordine del giorno nè oggi nè domani perché farlo equivarrebbe ad ammettere che gli sforzi dei libici sono falliti». Se dovessimo intervenire contro il terrorismo, ha spiegato il capo della Farnesina, «vorremmo farlo su richiesta di un governo libico, per sostenerlo». Ma la creazione di una coalizione contro l’Isis in Libia, sul modello di quella che opera in Iraq e Siria, sarebbe inevitabile, secondo Gentiloni, se dovesse fallire l’intesa promossa dall’Onu per un governo di unità nazionale. Ma per l’inviato Onu Martin Kobler ci sono 8 possibilità su 10 che il governo veda la luce.

Martedì prossimo la Farnesina ospiterà una riunione di funzionari ad alto livello sulla Libia che già si prefigura come un embrione di “gruppo di contatto”. All’incontro parteciperanno due vicepremier del Consiglio presidenziale, il generale Abdul Rahman Al Taweel che guiderà il nuovo Comitato transitorio per la sicurezza composto da 18 membri e che avrà come interlocutore il generale italiano Paolo Serra, consigliere militare dell’inviato Onu Martin Kobler, e i rappresentanti di ventuno tra organizzazioni internazionali (Onu, Ued, Unione africana) e Paesi come Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Qatar, Emirati, ossia tutti quelli che hanno preso parte al vertice di Roma del 13 dicembre che ha aperto la strada all’accordo poi raggiunto a Skhirat.

Il lavoro diplomatico per la formazione del nuovo governo di unità nazionale prosegue a Tunisi nella missione Onu. Non mancano difficoltà emerse anche ieri quando due vicepremier del Consiglio presidenziale hanno contestato la decisione del premier designato Fayez al-Sarraj di nominare ben 22 ministri e in particolare tutti quelli con portafoglio economico. Un compromesso sembra si sia trovato, alla fine, con la possibilità di nominare direttamente non più di due, tre ministri.

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