Mondo

Fmi: i rifugiati in Europa faranno crescere l’economia dei Paesi…

  • Abbonati
  • Accedi
studio del fondo monetario

Fmi: i rifugiati in Europa faranno crescere l’economia dei Paesi coinvolti

FRANCOFORTE – L'ondata di rifugiati dalla Siria e da altri Paesi del Medio oriente e dell'Africa può avere un modesto impatto positivo sull'economia europea, ma nel lungo periodo i suoi effetti dipenderanno dalla rapidità dell'integrazione dei nuovi arrivati nel mercato del lavoro, secondo uno studio del Fondo monetario pubblicato oggi.
L'Fmi, il cui direttore Christine Lagarde affronta il problema dei rifugiati questa mattina in una discussione al World Economic Forum di Davos, sostiene anche che ai Paesi più direttamente coinvolti nell'accoglienza dei rifugiati vada concessa una certa flessibilità nei vincoli europei di bilancio.

Questa flessibilità, che secondo il Fondo esiste già nel Patto di stabilità per i Paesi dell'eurozona, sarà probabilmente temporanea. È anche importante, afferma lo studio, che le spese sostenute per i rifugiati vengano identificate in modo trasparente nei bilanci degli Stati. L'Fmi stima un costo per le finanze pubbliche dello 0,20% del prodotto interno lordo in Germania e in Italia nel 2016, e dello 0,35% in Germania e dello 0,21% in Italia nel 2017: sono i due Paesi in cui l'arrivo dei rifugiati peserà maggiormente sui conti. La Germania ha già detto di voler destinare alla spesa per l'accoglienza ai rifugiati il surplus di bilancio per il 2015, pari a 12 miliardi di euro e che le spese ulteriori che dovrà affrontare nel 2016 poterebbero mettere a rischio l'obiettivo del pareggio di bilancio.

Nel breve periodo, secondo lo studio (fra i cui autori ci sono i responsabili delle missioni dell'Fmi in Germania, Enrica Detragiache, e in Turchia, Antonio Spilimbergo), la domanda aggregata riceverà un impulso dall'aumento della spesa pubblica per le abitazioni, il cibo, i servizi sanitari e l'istruzione forniti ai rifugiati. L'aumento della popolazione nell'Europa a 28 dovrebbe collocarsi fra lo 0,15% e lo 0,17% del totale fra il 2015 e il 2017, e ridursi progressivamente negli anni successivi. L'impatto sul prodotto interno lordo, secondo i calcoli dello staff dell'istituzione di Washington, è stato dello 0,05% l'anno scorso e sarà dello 0,09% quest'anno e dello 0,13% l'anno prossimo. Tuttavia, nel medio periodo gli effetti saranno più pronunciati nei Paesi nei quali i rifugiati finiranno per stabilirsi in numero maggiore: nel 2020, l'aumento del pil in Austria, Svezia e Germania arriverà fino all'1,1 percento. Dato che i redditi dei nuovi arrivati saranno comunque inferiori a quelli della popolazione nativa, l'incremento del reddito pro capite sarà molto più contenuto.

Nel medio periodo, l'impatto economico dei rifugiati dipenderà in modo cruciale, secondo l'Fmi, dalla rapidità con cui verranno integrati nel mondo del lavoro: al momento anche le statistiche sul loro grado di istruzione e preparazione professionale, oltre che sulla conoscenza delle lingue europee, sono incomplete. Il Fondo monetario è convinto che questa integrazione dipenderà dall'attuazione di un pacchetto di politiche attive per il mercato del lavoro. Più importante di tutto, è che ai rifugiati venga consentito di cominciare a lavorare il più presto possibile, anche con l'introduzione di sussidi a favore dei datori di lavoro, per evitare che cadano nella “trappola dell'inattività” e che la loro occupazione sia impedita dall'applicazione di salari troppo alti in relazione alla loro produttività.

Lo studio sfata anche una delle convinzioni diffuse soprattutto dai politici xenofobi o populisti: l'esperienza del passato insegna, sostiene l'Fmi, che l'impatto sull'occupazione e i salari della forza lavoro nativa è molto piccolo.
Il Fondo suggerisce anche che insieme alle politiche per il mercato del lavoro, i Paesi europei varino una serie di misure sull'abitazione e l'istruzione.

© Riproduzione riservata