Mondo

Italia-Spagna e lo «spread» della bad bank

  • Abbonati
  • Accedi
Europa

Italia-Spagna e lo «spread» della bad bank

  • –Fabio Pavesi

Il mercato nelle fasi di panic selling, quando ci si libera di qualsiasi cosa abbia denominatore comune, finisce per sparare nel mucchio.

Il copione è andato in scena platealmente l’altro ieri a Piazza Affari quando tutte le banche, quasi indistintamente sono state vendute a piene mani.

Da quelle più solide patrimonialmente e con sofferenze contenute per arrivare al top delle cadute con le maxi-perdite dei due grandi convalescenti cronici Mps e Carige. Ma sedute così indiscriminate sono un’eccezione. In genere al di fuori di queste fasi concitate, dove prevale il sell off generalizzato, il mercato i conti li sa fare e assai bene. Non sorprende infatti che gli operatori penalizzino più di tutti proprio la banca senese e la Cassa di Genova. Oggi il mercato valuta Monte dei Paschi solo il 20% del suo patrimonio netto, mentre per Carige non ci si spinge oltre il 30%. Valori da pre-saldo, che riportano alla grave crisi bancaria del 2011-2012 con lo spread impazzito e le due banche che producevano, più di altre, perdite ingenti seguite da altrettante massicce ricapitalizzazioni. E il punto è proprio questo: le due banche sono state ricapitalizzate, rispettano oggi i requisiti patrimoniali della Bce. E allora perchè il mercato ha bruciato nell’ultimo anno per entrambe oltre il 60% del loro valore di Borsa? È il futuro, non l’oggi che temono i mercati. Quel futuro sono le preoccupazioni legate alla mole di crediti malati, doppi rispetto al sistema che precludono a nuove svalutazioni forse nuove perdite e quindi un ulteriore fabbisogno di capitale. Al polo opposto troviamo le banche ritenute (a ragione) più affidabili. Intesa è l’unica banca italiana a venire prezzata l’intero valore del capitale. A ruota ecco il Credem che vale il 90% del patrimonio. Casuale? Affatto. Le due banche hanno capitale ampio, fanno utili più della media del sistema, tanto che Intesa distribuirà un dividendo da 2 miliardi e, come nel caso del Credem, i prestiti malati sono meno della metà della media del sistema. La solidità e la redditività sono il viatico vero per venire ben apprezzati dal mercato. Utile dare un’occhiata a sistemi bancari simili che hanno visto esplodere, ben più del caso italiano, il problema delle sofferenze. Ovvio pensare alla Spagna che in tempi non sospetti ha creato la sua bad bank pubblica liberando le sue banche da buona parte dei crediti malati. Il risultato è evidente. Mentre per il sistema italiano le sofferenze in questi anni non hanno smesso di crescere le banche iberiche hanno visto calare il livello delle sofferenze. Come mostra un report di Citi il sistema bancario spagnolo ha visto scendere gli Npl dell’11% medio negli ultimi 12 mesi e di quasi il 20% da fine del 2013. Trend in discesa, oltre ad aver beneficiato della cessione di crediti deteriorati alla bad bank pubblica. Ci si dovrebbe aspettare un gradimento da parte del mercato rassicurato dalla minor esposizione sui crediti a rischio. E così è avvenuto: la performance media degli ultimi 2 anni per le banche spagnole è stata positiva. Ma il mercato è convinto a metà. Pur recuperando terreno dagli anni pesanti della crisi bancaria del Sud Europa, le valutazioni restano contenute. Il Banco de Bilbao vale oggi in borsa il 70% del suo capitale, Santander il 60%, il Banco Popular con un Roe solo al 2,5% vale il 40% del patrimonio. Solo Bankinter che ha un Roe al 10% vale il 140% del capitale. La stessa Bankia fallita e salvata vale il 90% del capitale. Una situazione che pone un quesito.

Cosa sarebbe accaduto alle banche iberiche, su cui il mercato pur rasserenato dall’intervento pubblico ha tuttora valutazioni caute, se non ci fosse stata la bad bank salvifica?

Difficile dirlo, ma c’è da scommettere che la gran parte degli istituti spagnoli oggi strapperebbe valutazioni sul capitale più vicine al 20-30% di Mps e Carige che non al 100% di Intesa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA