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Libia, primo accordo sul governo

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Medio Oriente

Libia, primo accordo sul governo

  • –Gerardo Pelosi

ROMA

Ora c’è una lista dei ministri, frutto di un delicato compromesso raggiunto nella notte tra lunedì e martedì a Tunisi ma resta tutta in salita la strada che dovrà portare al varo del Governo di unità nazionale in Libia. L’assemblea parlamentare di Tobruk dovrà infatti votare entro la fine del mese la lista dei 32 ministri messa a punto dal Consiglio transitorio e che assegna la Difesa alla laica Tobruk (ma non al generale Haftar), l’Interno ai filoislamisti di Tripoli e gli Esteri a Mahmoud Faraj Al-Mahjoub, esponente di una famiglia presente a Est e a Ovest. Ieri alla Farnesina una conferenza sulla Libia a livello di alti funzionari (21 tra Paesi e organizzazioni internazionali insieme al Consiglio presidenziale guidato da Fayez al-Serraj) ha discusso a lungo le prospettive che ora si aprono per il Paese nordafricano e riconfermano all’Italia la responsabilità di coordinatore per il settore militare e di sicurezza.

Per diventare operativo l’esecutivo deve essere approvato entro 16 giorni dalla maggioranza di due terzi del Parlamento riconosciuto. Proprio all’assemblea di Tobruk si è appellato l’inviato speciale dell’Onu, Martin Kobler, chiedendo che si riunisca velocemente per dare il via libera alla lista presentata. Sulla stessa lunghezza d’onda l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che hanno sollecitato il disco verde di Tobruk in tempi rapidi. Il capo della diplomazia italiana, che ha incontrato Kobler alla Farnesina, ha sottolineato che si tratta di un «passo cruciale seppure in un quadro che resta fragile» ma «un’opportunità reale per la stabilizzazione del Paese che deve essere colta da tutti».

Nello stesso tempo si sta mettendo a punto il piano per mettere in sicurezza Tripoli e consentire l’insediamento del nuovo Governo. Proprio a questo sta lavorando il generale italiano Paolo Serra consigliere militare dell’inviato Onu Martin Kobler di Tripoli. Secondo Kobler occorrono «cessate il fuoco umanitari nelle zone di conflitto». Secondo il diplomatico tedesco, inoltre, «gli aiuti umanitari devono essere consegnati regolarmente alle persone colpite» dal conflitto. Anche il premier Matteo Renzi è impegnato in prima persona nella soluzione della crisi libica, ben consapevole che nel caso in cui verrà richiesta una presenza militare internazionale nel Paese l’Italia dovrà fornire il suo contributo di uomini e mezzi e partecipare anche alle operazioni “combat” se vuole effettivamente guidare la coalizione.

L’Italia, che ha già dispiegato quattro caccia Amx a Trapani, sta mettendo a punto i piani di intervento per la Libia. Secondo alcune indiscrezioni l’apporto italiano dovrebbe essere di non oltre mille uomini, sarà interforze - coinvolgendo tutte le Forze armate e i Carabinieri - con componenti terrestri, navali ed aeree. Dovrebbe mettere in campo aerei da ricognizione, con e senza pilota, militari per l’addestramento delle forze di sicurezza locali e la vigilanza di obiettivi sensibili, rafforzato controllo delle coste in chiave antiscafisti. Un contributo «significativo», viene sottolineato, non tanto e non solo da un punto di vista quantitativo, ma soprattutto qualitativo, a cominciare dal comando della missione, che sarà quasi sicuramente italiano. Anche se non è ancora chiaro in che “contesto”. Escluso un “cappello” Nato o Ue, e ritenuto improbabile che possa trattarsi di una missione Onu, resta la formula della “coalizione dei volenterosi”. Ma tutto «è ancora da valutare».

Intanto l’ambasciatore libico a Roma, Ahmed Safar, ha avvertito che «su un intervento militare esterno ci sono ancora delle sensibilità che potrebbero comportare rischi di conseguenze indesiderate». Preoccupato per il futuro della Libia anche l’ex premier Romano Prodi. «Sono molto preoccupato – ha detto - perché questa fase è difficile e le ultime notizie non sono molto confortanti, tuttavia si continua a negoziare e finché ci si parla è molto meglio di quando ci si spara».

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