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Piano di Berlino sui confini europei

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Piano di Berlino sui confini europei

  • –Beda Romano

bruxelles

Il principio della libera circolazione nell'Unione europea senza controlli d'identità è ormai drammaticamente a rischio, e con esso il futuro del mercato unico. Tutto dipende dalla riduzione del numero di profughi in arrivo dal Vicino Oriente. I ministri degli Interni discuteranno lunedì e martedì ad Amsterdam della possibilità per i paesi membri di introdurre controlli ai confini, non più rinnovabili per periodi brevi, ma per un totale di due anni, come previsto peraltro dal Codice Schengen.

Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha avvertito che l'Area Schengen è a rischio, in assenza di una soluzione rapida all'emergenza rifugiati. Esponenti comunitari ammettono che se a breve non si riuscirà a ridurre sensibilmente il numero di profughi in arrivo dal Vicino Oriente, il rischio è di assistere a una serie di scelte: l’isolamento della Grecia dall’area Schengen; la chiusura ermetica delle frontiere tedesche; e la nascita di una mini-Schengen intorno al Benelux.

Nelle intenzioni, l’accordo raggiunto in novembre con la Turchia doveva consentire un miglior controllo delle frontiere esterne dell'Unione. Così ancora non è stato. Secondo Frontex in Grecia sono arrivate in dicembre 108 mila rifugiati, 40 volte gli arrivi del dicembre 2014. Secondo l’Onu, invece nei primi 21 giorni di gennaio sono arrivate nel paese 37.609 persone, rispetto alle 70.866 dello stesso periodo di dicembre. Vi è stato un calo; ma quanto legato alle condizioni meteo? Difficile da dire.

Oggi sono sei su ventisei i paesi dell’Area Schengen che hanno reintrodotto in via temporanea controlli ai confini nazionali per limitare l’ingresso di rifugiati o per contrastare il terrorismo: Austria, Germania, Svezia, Danimarca, Francia e Norvegia. Le regole europee consentono verifiche alle frontiere per un massimo di sei mesi. In molti casi, i controlli reintrodotti dai governi non prevedono il ritorno tous azimuts del confine nazionale, così come esisteva una volta.

L’Austria si sta focalizzando sul confine con la Slovenia, la Germania sul confine con l’Austria, la Danimarca sul confine con la Germania, la Svezia sul confine con la Danimarca. Superati i sei mesi, l’articolo 26 del Codice Schengen prevede che in presenza di una perdurante difficoltà a gestire le frontiere esterne dell’Unione, Bruxelles possa proporre ai paesi membri di introdurre controlli ad alcune frontiere nazionali per un periodo massimo di due anni. La decisione è presa alla maggioranza qualificata degli stati.

Per la maggior parte dei paesi che hanno reintrodotto controlli temporanei alle frontiere, le attuali misure non potranno più essere rinnovate a iniziare da maggio. L’ipotesi di una soluzione di due anni è concreta. Interpellata ieri, la portavoce della Commissione europea Natasha Bertaud ha spiegato però che per ora «una sospensione di Schengen non è all’ordine del giorno». Della questione comunque discuteranno i ministri degli Interni dell’Unione ad Amsterdam lunedì e martedì.

Nella pratica, il rischio è che i controlli vengano reintrodotti alle frontiere terrestri, aeree e marittime della Grecia, con l’eventuale successiva nascita di una mini-Schengen a cui potrebbero partecipare i paesi dell’ex Europa carolingia: la Germania, la Francia, il Benelux, l’Austria. Parlando alla BBC, il premier francese Manuel Valls ha spiegato che l’Europa è «a grave rischio» e non può accogliere tutti i rifugiati in fuga dall’Iraq e dalla Siria. Se così fosse, «le nostre società ne sarebbero totalmente destabilizzate».

E l’Italia? Non si può escludere che venga esclusa da questa nuova mini-Schengen, se i profughi alla ricerca di una alternativa alla Grecia dovessero tornare a tentare il passaggio dalla Penisola. Questo scenario è illustrato da alcuni esponenti comunitari qui a Bruxelles, forse anche per mettere sotto pressione il governo italiano che sta bloccando il pacchetto di aiuti finanziari di tre miliardi di euro alla Turchia, negoziato proprio per aiutare questo paese a frenare l’arrivo di profughi in Europa.

In ultima analisi, la Germania per il suo peso politico e geografico avrà un ruolo cruciale nel decidere se e come estendere i controlli alle frontiere interne dell’Area Schengen per due anni: solo al confine greco o anche al proprio confine? I paesi del Nord Europa sanno che la sospensione della libera circolazione in Europa avrebbe conseguenze politiche ed economiche nefaste. Vorranno preservare questo acquis quanto possibile, ma forse saranno costretti a farlo entro i limiti di una mini-Schengen.

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