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Bloomberg terzo incomodo

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Bloomberg terzo incomodo

È pronto un nuovo colpo di scena nelle elezioni presidenziali americane, che già non difettavano di sorprese. Michael Bloomberg, fondatore e leader dell’omonimo impero dell'informazione finanziaria nonché ex sindaco di New York City, ha deciso di considerare senza indugi una campagna per la conquista dalla Casa Bianca da candidato indipendente, facendo leva sull’immagine di uomo d’affari pragmatico ed efficace capace di rispondere alla domanda di cambiamento di americani disillusi dai politici tradizionali e scossi da gravi ansie economiche.

Il 73enne Bloomberg, ha rivelato il New York Times citando stretti collaboratori dell'imprenditore multimiliardario, è estremamente preoccupato per l’ascesa di Donald Trump tra le fila repubblicane e le crescenti difficoltà incontrate da Hillary Clinton, che ha privatamente criticato come candidato “danneggiato”, fra i democratici. Tanto spiccato da sfidare la legge non scritta che nella storia americana ha sempre visto fallire le candidature indipendenti alla Casa Bianca.

Bloomberg, di sicuro, non difetta di ambizione personale: aveva già flirtato in passato con corse presidenziali ma fino ad oggi, a conti fatti, non è mai sceso in campo. Questa volta avrebbe identificato le condizioni esatte per una candidatura e la strategia per perseguirla con successo: una performance vittoriosa durante le primarie repubblicane del frontrunner Trump o dell’ultraconservatore senatore texano Ted Cruz combinata con un’avanzata tra i democratici dell’autoproclamato “socialista” Bernie Sanders oggi in vantaggio sulla Clinton nei sondaggi dei primi due Stati a pronunciarsi, Iowa e New Hampshire. Questi sviluppi - per lui che è stato democratico, è migrato ai repubblicani con l'intento di diventare sindaco nel 2001, solo per abbandonati sei anni dopo - aprirebbero spazi per una corsa al centro che scombini le carte degli avversari.

L'ex sindaco ha anche messo nero su bianco i passi concreti per il decollo della campagna. Sarebbe disposto a investire almeno un miliardo di dollari della propria fortuna personale, stimata in 37,2 miliardi. E il piano di battaglia prescrive una decisione entro i primi di marzo in grado di iscrivere il suo nome sulle schede di tutti i 50 stati americani in tempo per le urne presidenziali di novembre. Con l’obiettivo di arrivare rapidamente ad un annuncio Bloomberg ha già assunto consulenti politici e commissionato in segreto sondaggi - il primo lo scorso dicembre - su un testa a testa con Trump e Cruz da un lato e Sanders dall'altro. Ulteriori sondaggi sono in preparazione all’indomani dalle primarie del New Hampshire, il 9 febbraio. I suoi consiglieri avrebbero inoltre già studiato a fondo altre corse indipendenti dell’ultimo secolo, fino a quella di un altro businessman miliardario, il texano Ross Perot nel 1992. La campagna ideata da Bloomberg avrebbe quale fulcro la sua fama di uomo d’affari di provato successo. Verrebbe, in particolare, tenuta a battesimo con una serie di approfonditi discorsi tematici destinati a evidenziare la sua competenza, cercando di volgere a positivo una personalità considerata distaccata e tecnocratica.

La sfida per l’ex sindaco resterebbe proibitiva. Al di là di una storia che mette in dubbio le chance di politici indipendenti, le sue posizioni e convinzioni sociali e politiche hanno generato controversie sia a destra che a sinistra. I conservatori gli rimproverano un eccessivo progressismo: è noto per la difesa del diritto delle donne all'aborto come per le crociate condotte a favore di più stretti controlli sulla diffusione delle armi. Ai liberal sono invece invise le severe politiche di legge e ordine realizzate quando era sindaco di New York e l’accento sullo sviluppo del lusso nella città. Scetticismo generalizzato generano inoltre i suoi legami con Wall Street in un’era caratterizzata dalla rabbia contro i banchieri e l'alta finanza. L'asso nella manica è tuttavia rappresentato dall'aura di grande imprenditore capace di sbaragliare la concorrenza. E di leader che per tre mandati consecutivi ha guidato un’amministrazione cittadina capace di presiedere su una robusta espansione di New York. Dalla poltrona di sindaco a quella di presidente, il passo questa volta potrebbe diventare breve.

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