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L’austerity costa mille posti all’Università di Helsinki

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tagli alla spesa pubblica

L’austerity costa mille posti all’Università di Helsinki

Entro il 2017 l’Università di Helsinki dovrà ridurre di un migliaio di persone il suo staff per far fronte ai robusti tagli alla spesa pubblica che, in una Finlandia ormai obbligata a intraprendere la strada dell’austerity, coinvolgono anche il settore istruzione, fiore all’occhiello del Paese.

«Il nostro ranking tra i migliori poli universitari di ricerca nel mondo non sarebbe stato possibile senza dipendenti validi e professionali. Sono profondamente addolorato di dovercene privare», ha dichiarato il rettore, Jukka Kola, in una conferenza stampa. Dei 980 tagli da qui a fine 2017, 570 saranno licenziamenti: 75 insegnanti e 495 impiegati con altri incarichi. Ma la scelta - ha sottolineato il rettore - è obbligata di fronte a tagli di 106 milioni all’anno decisi dal governo di centrodestra di Juha Sipilä.

Da ormai quattro anni, del resto, la Finlandia ha dovuto rassegnarsi ad abbandonare il gruppo sempre più ristretto dei primi della classe, per vestire i panni di nuovo malato d’Europa. L’economia è in contrazione dal 2012 e, nei primi tre trimestri del 2015, il Paese ha registrato la peggiore performance dell’Eurozona; il debito è in aumento e sale soprattutto la disoccupazione, che la Commissione Ue stima al 9,5% quest’anno, ben oltre la media dei vicini nordici. Preoccupa, inoltre, il calo della competitività del Paese: «Siamo il 10-15% meno competitivi di Germania e Svezia», ha dichiarato recentemente il ministro dell’Economia finlandese, Olli Rehn.

Le ragioni della crisi sono note e dibattute da tempo: il crollo di Nokia, che nel 2008 aveva il 40% delle quote di mercato dei cellulari, la flessione dell’industria della carta (l’export del settore è in calo del 22% sempre rispetto al 2008), le tensioni geopolitiche con la Russia, tradizionale partner di Helsinki, che si accompagnano al contestuale tracollo dell’economia russa. Si aggiunga che l’invecchiamento della popolazione e la linea di progressiva chiusura nei confronti degli immigrati (al governo c’è anche il Partito dei finlandesi, da sempre anti-immigrazione) non garantiscono più il necessario ricambio alla forza lavoro, con la conseguenza che il sistema scricchiola sempre più.

Il rebus su come uscire dall’impasse è nelle mani del premier Juha Sipilä, che entro giugno presenterà al Parlamento un piano per rilanciare la competitività.

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