Mondo

Parigi, lascia il ministro della Giustizia

  • Abbonati
  • Accedi
Europa

Parigi, lascia il ministro della Giustizia

  • –Marco Moussanet

parigi

Era lo spirito libero all’interno del Governo. E nel contempo, è l’altra faccia della stessa medaglia, una mina vagante. Che dopo gli attentati di novembre e a poco più di un anno dalle presidenziali, né François Hollande né il premier Manuel Valls potevano più permettersi. Le dimissioni del ministro della Giustizia Christiane Taubira – 63 anni, con un passato da militante indipendentista in Guyana – hanno quindi creato una certa sorpresa solo perché tutti se le aspettavano ormai da mesi.

Anche se il timing è in realtà del tutto logico. La Taubira se n’è infatti andata appena prima che Valls si presentasse alla commissione legislativa della Camera per presentare il progetto di riforma costituzionale annunciato a suo tempo da Hollande. E che all’articolo 2 prevede la revoca della nazionalità francese per chi viene condannato per reati che costituiscono un grave pericolo per il Paese, in primis quelli legati al terrorismo. Una misura alla quale la Taubira si è sempre opposta. «A volte – ha twittato subito dopo l’incontro di prima mattina all’Eliseo – resistere è rimanere, a volte è andarsene. Per fedeltà a se stessi. Perché l’ultima parola sia quella dell’etica e del diritto». In conferenza stampa ha chiarito che la decisione di lasciare è frutto «di un disaccordo politico importante».

Al Governo dall’inizio della legislatura, nel giugno del 2012, la Taubira era diventata in questi anni una vera e propria icona per la sinistra e il principale obiettivo degli attacchi della destra. Fin da quando – è stata una delle sue prime iniziative – ha cancellato le pene minime obbligatorie per i recidivi varate da Nicolas Sarkozy. O quando, profondamente convinta dei danni che può rappresentare il carcere, ha deciso di ampliare la gamma delle pene alternative.

Ma il suo nome, il suo volto, i suoi appassionati interventi rimangono legati soprattutto alla lunga battaglia – e alla legge dell’aprile 2013 - sul matrimonio omosessuale. Che per mesi ha profondamente diviso la Francia, con una contrapposizione a cui non si assisteva da decenni.

La sua posizione aveva cominciato a diventare più fragile e problematica con la nomina a premier del riformista Valls e la svolta nettamente socialdemocratica. Mentre gli altri esponenti della sinistra socialista – Arnaud Montebourg, Benoit Hamon, Aurélie Filipetti – se ne erano andati, lei aveva però deciso di restare. Convinta di poter ancora difendere – “da dentro”, come si diceva una volta - le idee in cui credeva.

Poi, a gennaio 2015, ci sono stati gli attacchi a Charlie Hebdo e all’ipermercato ebraico. Seguiti dalle prime misure di stretta sulla sicurezza. E quindi, inevitabilmente, di restrizione delle libertà. Ma la situazione è precipitata con le stragi del 13 novembre e lo stato di emergenza. Hollande e Valls hanno annunciato di voler disporre la revoca della nazionalità francese a chi viene condannato per atti di terrorismo. Misura dagli scarsi effetti concreti ma altamente simbolica. Una decisione che la Taubira riteneva in contraddizione con le proprie convinzioni. Ha cercato di opporsi ma ha perduto. Non restava che andarsene. Comunque a testa alta.

Se, com’è quasi certo, verrà approvata dal Parlamento (con maggioranza dei due terzi) la revoca quindi ci sarà. Data l’impossibilità di creare degli apolidi, riguarderà solo chi è in possesso di doppia nazionalità (circa 3,6 milioni di persone oggi in Francia), seppure il progetto di legge non lo dica esplicitamente.

A sostituire la Taubira sarà proprio il presidente della commissione legislativa della Camera, il cinquantaseienne Jean-Jacques Urvoas. Molto vicino a Valls,è uno specialista di sicurezza. E così, come ha detto Hollande in consiglio dei ministri, il Governo ritrova «un’etica collettiva e una forte coerenza».

© RIPRODUZIONE RISERVATA