bruxelles
Dopo un ultimo e serrato round negoziale, Stati Uniti e Unione europea hanno trovato ieri un nuovo accordo per gestire il trasferimento di dati sui due lati dell’Atlantico. L’intesa giunge dopo che in ottobre la Corte europea di Giustizia ha considerato che l’attuale intesa Safe Harbour, risalente al 2000, non protegge sufficientemente i cittadini europei, tra le altre cose perché la legge americana consente alle autorità di quel paese di accedere ai dati liberamente.
Il nuovo accordo dovrà essere precisato nelle prossime settimane. «I nostri popoli possono essere sicuri che i loro dati personali sono pienamente protetti – ha detto in una conferenza stampa a Strasburgo il vice presidente della Commissione europea Andrus Ansip -. Le nostre imprese, soprattutto le più piccole, hanno ora la certezza legale di cui hanno bisogno per sviluppare le loro attività oltre Atlantico. Abbiamo il compito di seguire passo passo il nuovo accordo per accertarci che sia all’altezza».
La nuova intesa si chiama EU-US Privacy Shield. Il nome riflette bene la preoccupazione del momento: proteggere la vita privata dei cittadini, soprattutto europei. «Per la prima volta abbiamo ricevuto assicurazioni scritte e dettagliate dagli Stati Uniti sulle misure di salvaguardia e sulle limitazioni applicabili ai programmi di sicurezza americani», ha detto Ansip. «La controparte americana ha chiarito che non organizza una indiscriminata sorveglianza di massa degli europei».
Ha aggiunto dal canto suo la commissaria alla Giustizia Vera Jourová: «Per la prima volta gli Stati Uniti hanno dato l’assicurazione vincolante che l’accesso delle autorità pubbliche a fini dell’applicazione della legge e della sicurezza nazionale sarà soggetta a chiare limitazioni». Tra le nuove misure inserite nell’intesa vi è anche la figura dell’Ombudsman che siederà al Dipartimento di Stato e che sarà chiamato a rispondere a tutti i dubbi e a tutte le lamentele.
L’intesa prevede inoltre l’accesso dei cittadini europei a tribunali di arbitrato e in futuro anche alle corti americane. Le società partecipanti all’accordo subiranno verifiche e controlli, per evitare eventuali violazioni delle regole. Vi saranno anche limitazioni alla possibilità delle società di trasferire informazioni a imprese partner. La signora Jourová si è detta sicura che l’intesa sia in linea con i principi espressi dalla Corte europea di Giustizia (si veda Il Sole/24 Ore del 7 ottobre).
L’accordo sarà soggetto ogni anno a una revisione. L’intesa Safe Harbour, che risale al 2000 e che ha permesso alle imprese multinazionali di trasferire dati alle proprie filiali sui due lati dell’Atlantico, è evidentemente invecchiata. Non solo perché in 15 anni sono nate reti sociali assai più sviluppate, come Facebook o Twitter, ma perché dopo gli attentati di New York e di Washington del 2001 il problema della sicurezza e della privacy è diventato particolarmente sentito.
Sempre ieri proprio sul fronte sicurezza, la Commissione europea ha presentato un piano d’azione per lottare contro i canali finanziari del terrorismo internazionale. Tra le novità vi sono un elenco dei controlli obbligatori dei flussi finanziari da parte delle banche, registri centralizzati nazionali dei conti bancari e dei conti di pagamento, controlli sulle piattaforme di scambio delle valute virtuali, ed eventualmente limitazioni alla circolazione delle banconote da 500 euro.
Tornando all’intesa EU-US Privacy Shield, Business Europe, l’associazione imprenditoriale europea, ha reagito positivamente a un accordo atteso con impazienza dal mondo economico. Il direttore generale Markus Beyrer ha spiegato: «La libera circolazione dei dati tra la Ue e gli Usa è la più importante al mondo. Questo accordo è essenziale perché garantisce un quadro affidabile per i trasferimenti internazionali di dati (…) È importante ora finalizzare i dettagli».
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