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Studente italiano morto in Egitto: risparmiateci verità di comodo

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LA TRAGICA FINE DI GIULIO REGENI

Studente italiano morto in Egitto: risparmiateci verità di comodo

Forse la verità sarà trovata, probabilmente le autorità del Cairo ci offriranno la loro: e quella sarà la Verità dalla quale non potremo prescindere. Ma è forte il sospetto che Giulio Regeni, lo studente ventottenne che amava l'Egitto, sia stato ucciso dall'Egitto. Non dall'idea del più antico Paese del mondo ma dal “sistema”, dall' apparato di sicurezza dell'incerto Egitto di oggi.

Giulio che era al Cairo per studiare l'economia egiziana, che apparentemente non si occupava di politica per quanto un giovane intelligente, colto e curioso possa non cercare di capire la politica, era scomparso il 25 gennaio. Quel giorno era il quinto anniversario dell'inizio della rivolta studentesca di piazza Tahrir, che per quanta instabilità abbia creato, ha offerto all'Egitto un breve momento di democrazia nella sua millenaria storia. Giulio aveva un appuntamento in piazza Tahrir. Ma quel giorno la piazza e il resto dell'immensa metropoli erano presidiate anche più del solito da forze armate e polizia.

E' difficile pensare che i terroristi, i sostenitori dell'Isis nel Sinai, siano venuti al Cairo, scegliendo un giorno così per compiere una delle loro azioni criminali. Soldati e poliziotti, giovani come Giulio - spesso anche più giovani – forse erano tesi e preoccupati. Chiunque attorno a loro poteva essere un terrorista. Soprattutto dopo che il governo ha deciso che qualsiasi forma di opposizione e di critica è terrorismo. In Egitto ci sono i terroristi veri, e poi migliaia di oppositori civili che non hanno alcun legame col fondamentalismo religioso. Le carceri egiziane, fra le più brutali del mondo, sono piene di prigionieri finiti laggiù e dimenticati a causa delle leggi speciali fra le più liberticide.

Forse Giulio è capitato nel momento sbagliato, nel posto sbagliato, davanti alle persone sbagliate. Quelle che in quest'ultimo anno e passa hanno fatto sparire centinaia di egiziani senza un arresto dichiarato, un'incarcerazione comunicata, un capo d'accusa formalizzato. Presi a casa, di notte, e scomparsi. Se fosse accaduto questo, forse le autorità troveranno il poliziotto e il giovane funzionario colpevole (ne dubitiamo) e lo condanneranno.

Ma se dovesse accadere, quel colpevole, probabilmente dell'età di Giulio, sarebbe un'altra vittima. Come Giulio. Vittima di un clima che per combattere il terrorismo - effettivamente pericoloso - genera mostri di stato.

Se venisse mai provato il contrario, se le cause della scomparsa di Giulio fossero altre da quelle temute, saremmo i primi ad esserne consolati. I primi a constatare che l'Egitto, il più antico paese della storia – storia mediterranea, anche nostra - è un paese che cerca democrazia: una democrazia naturalmente diversa dalla nostra, ma in alcuni valori come il rispetto della vita, uguale.

In questi giorni al Cairo c'è una missione del Business Council italo-egiziano, accompagnato dalla ministra Guidi, al Cairo per rafforzare i legami economici con l'Egitto. I rapporti sono forti e non possono che diventare più intensi. In questo caso non è solo una questione di aziende, investimenti e affari. C'è un legame storico e umano antico quanto il Grande Mare che ci unisce. Con il presidente al-Sisi, Matteo Renzi ha creato un rapporto di amicizia personale, investendo sul futuro egiziano e sulla sua sicurezza, fondamentale per il Medio Oriente. Ma non possiamo accettare semplici spiegazioni sulla morte accidentale di Giulio, sull'incidente che non doveva accadere, sulla rapina o altre cose più oscure.

Dateci una verità seria, non propaganda.

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