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Fed incerta sui tassi. E ora i gestori cambiano trategia sugli asset da…

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dove vanno gli investitori

Fed incerta sui tassi. E ora i gestori cambiano strategia sugli asset da comprare

Il dollaro si appresta a chiudere la peggiore settimana dal 2009, con un calo sulle principali valute - sintetizzato dall’andamento del Dollar Index - superiore al 3%. Nelle ultime sedute il dollaro ha perso oltre il 3% anche sull’euro che si è rafforzato balzando da 1,08 a 1,12. Si sta rafforzando anche lo yen, e lo si vede dall’andamento della Borsa di Tokyo che anche stamattina ha chiuso in calo (-1,3%) a causa del rialzo della propria divisa (il Giappone basa la propria economia tanto sulle esportazioni e soffre quando lo yen si apprezza).

Questo sgonfiamento del dollaro è certamente la notizia finanziaria più importante della settimana. Ma a cosa è dovuto? Non si tratta di un movimento irrazionale o frutto di speculazione fine a se stessa. Il mini-dollaro della settimana ha una logica puntuale. I mercati stanno iniziando a prezzare uno scenario in cui la Federal Reserve riveda il programma di politica monetaria che prevedeva inizialmente quattro rialzi dei tassi nel 2016. Uno a trimestre.

Questo programma - seguito al mini-rialzo operato a dicembre che ha rappresentato la prima stretta monetaria negli Usa dal 2006 - è in fase di revisione. Gli investitori ne hanno preso atto dopo che nei giorni scorsi il vice presidente del direttorio della Fed, William Dudley, ha detto senza troppi giri di parole che l’attuale peggioramento del quadro macro-economico potrebbe spingere la banca centrale a cambiare strategia.

L’economia negli Usa sta dando qualche segnale di rallentamento con l’indice dei servizi calato per il terzo mese di fila e l’aumento oltre le attese dei sussidi di disoccupazione. Senza dimenticare la mina vagante delle società petrolifere statunitensi che - qualora il prezzo del petrolio dovesse restare sotto i 60 dollari a lungo - rischiano nei prossimi 2 anni di saltare.

Sta di fatto che in base al mercato dei future ormai il rialzo di marzo non s’ha da farsi. In questo momento gli investitori scontano al 92% delle probabilità che la Fed non faccia nulla il prossimo mese. Ma a questo punto viene messo fortemente in discussione anche il rialzo di luglio: secondo gli ultimi contratti le probabilità di uno status quo della Fed anche estivo sono salite al 72%.

A cascata i capitali si stanno riposizionando nelle varie asset class, seguendo le conseguenze di questo scenario. Oltre al rafforzamento di euro e yen stanno recuperando terreno dai violenti minimi delle ultime sedute le Borse e le valute dei Paesi emergenti. Con un dollaro più debole i Paesi emergenti - fortemente indebitati in dollari negli ultimi anni - possono rifiatare un po’. E con un dollaro più debole tendono a rafforzarsi anche il petrolio e le materie prime, perché sono quotate in dollari e quindi il loro prezzo è legato in modo inversamente proporzionale all’andamento del biglietto verde. Se il petrolio si rafforza - o perlomeno interrompe la discesa - anche i titoli petroliferi possono rifiatare dopo le ultime violenti discese. Così come il mercato dei bond high yield (obbligazioni ad alto rendimento ma proprio per questo ad alto rischio) dei Paesi emergenti, decisamente sbilanciate sul settore energetico.

Insomma, se la Fed rimette in discussione il programma di graduale normalizzazione dei tassi le possibilità che i mercati, dopo questo tremendo inizio d’anno, prendano fiato e magari recuperino un po’ del terreno perso. Ma questo sarebbe solo il lato buono della medaglia. Il lato cattivo del dietrofront della Fed - che alcuni analisti esasperano parlando addirittura di una quarta ondata di quantitative easing americano - sarebbe l’ammissione implicita che le banche centrali si siano cacciate in un vicolo cieco: a furia di spendere ed espandere ora non riescono più a tornare indietro, al mondo come lo conosceva prima, fatto di tassi normali e di un’inflazione intorno al 2%. A quel punto prenderemmo atto che la nuova normalità è fatta di tassi bassi e disinflazione, fattori distorsivi che rendono davvero complicato percepire il reale rischio di un investimento.

twitter.com/vitolops

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