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Quest’anno in linea, incognite nel 2017

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l’impatto sui conti

Quest’anno in linea, incognite nel 2017

Per il 2016, il quadro che emerge dalle nuove previsioni macroeconomiche della Commissione europea relative all’Italia («molto simili alle nostre», secondo il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan) non pare tale da imporre una drastica revisione degli obiettivi fissati dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) dello scorso settembre.

Che il deficit dell’anno in corso chiuda al 2,5% e non al 2,4% previsto dal Governo (2,2% senza la «clausola migranti») a causa di una crescita che non sarà all’1,6% ma all’1,4% è una variazione che rientra in quelle che potremmo definire le normali oscillazioni delle stime. Soprattutto se tali previsioni si “calano” in un quadro globale di perdurante incertezza, come non manca di sottolineare la stessa Commissione.

Se poi a maggio non verrà concessa la flessibilità richiesta dall’Italia, in particolare per quel che riguarda lo 0,2% della clausola migranti, pare improbabile che il Governo vi faccia fronte con una manovra correttiva, nella constatazione che saremmo comunque in zona sicurezza sul fronte del deficit nominale. Il problema si pone per il 2017, e di questo dovrà dar conto il nuovo Def che sarà inviato a Bruxelles in aprile. L’esecutivo Ue stima per il prossimo anno un Pil in aumento dell’1,3%, contro l’1,6% del Governo e un deficit all’1,5% contro l’1,1% del Governo. Il tutto a fronte di un «peggioramento del saldo strutturale» pari a -1,7% nel 2016 e a -1,4% nel 2017, che determinerà la «leggera discesa» del rapporto debito/Pil al 132,4% quest’anno e al 130,6% nel 2017. Pare evidente dalle nuove stime di Bruxelles che agli occhi della Commissione Ue il percorso di rientro dal debito e il contestuale rispetto dell’obiettivo di medio termine (il pareggio di bilancio) andrebbe accelerato. Se ne potrà tener conto oppure no nel prossimo Def, ma di certo non si potrà ignorare il persistente rischio che venga aperta una procedura d’infrazione per squilibri macroeconomici eccessivi. Materia di trattativa politica, evidentemente, alla ricerca di quel “compromesso” cui anche ieri ha fatto riferimento il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici.

Si registra peraltro una sfasatura temporale tra il timing previsto per l’invio a Bruxelles del nuovo Def e il giudizio sulla legge di Stabilità atteso per maggio. In realtà, già con il Def di aprile il Governo dovrebbe indicare (come fece lo scorso anno) la strada da seguire per disattivare le clausole di salvaguardia (35 miliardi nel cumulato 2017-2018) che altrimenti scatteranno dal prossimo 1° gennaio. Al pari delle misure per la crescita (tra cui il taglio dell’Ires) che intende varare nel prossimo anno con relativa indicazione della copertura. Già, ma poiché il giudizio della Commissione (previsto per maggio) verterà essenzialmente proprio sul via libera o meno (nella loro scomposizione tra riforme, investimenti e migranti/sicurezza) alle clausole di flessibilità inserite nella manovra di bilancio del 2016, pari nel totale a un punto di Pil (16,5 miliardi), la decisione su questo capitolo decisivo dovrà necessariamente slittare. Al momento si registra l’intenzione - esplicitata ieri da Padoan - di sostituire l’aumento dell’Iva e delle accise «con misure di risparmio che limitino l’impatto negativo sull’attività economica e il reddito delle famiglie». Attraverso i tradizionali canali, sarà comunque fondamentale acquisire se pur in via informale già in aprile l’orientamento cui poi si ispirerà la decisione della Commissione. Si tratta di uno step decisivo per la prossima manovra.

Dopo la dura contrapposizione delle scorse settimane, dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, è giunta due giorni fa una parziale apertura: l’esecutivo comunitario non intende cadere «in una politica rigida e stupida di austerità». E allora la vera questione (e per questo occorrono alleati di peso) è se Bruxelles riterrà o meno di replicare anche nel prossimo anno quell’apertura di credito nei confronti del nostro Paese, che ha ispirato la sua linea d’azione per buona parte del 2015, con effetti sul 2016. Certo pesa la spada di Damocle dell’alto debito, ma un’interpretazione più estensiva della comunicazione sulla flessibilità del 13 gennaio 2015, a fronte di nuove riforme effettivamente attuate e investimenti avviati, sulla carta è tuttora possibile. La partita va giocata con determinazione ma con la necessaria cautela, e quindi dopo la fase del muro contro muro ora è tempo di favorire le necessarie intese, il compromesso appunto.

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