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Alle banche centrali 490 miliardi di bond «nazionali»

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Europa

Alle banche centrali 490 miliardi di bond «nazionali»

  • –Alessandro Merli

FRANCOFORTE

Le banche centrali nazionali dell’area dell’euro detenevano a fine 2015 circa 490 miliardi di euro di titoli dei rispettivi Paesi, oltre a quelli acquistati per fini di politica monetaria, secondo una nota diffusa ieri sera dalla Banca centrale europea. Le banche centrali dei 19 membri dell'unione monetaria pubblicheranno ora gli importi relativi a ciascuna di loro.

La Bce ha deciso ieri di pubblicare i termini di un accordo, finora riservato, con le banche centrali nazionali dell'Eurosistema, oltre al valore aggregato per l'intera eurozona, nell'intento di placare una controversia che stava montando da qualche tempo sulla stampa tedesca. Questa ha sostenuto nelle ultime settimane che con questi acquisti le banche centrali nazionali avrebbero aggirato il divieto di finanziamento monetario degli Stati, proibito dai Trattati europei, e che le operazioni si sarebbero gonfiate in seguito alla crisi e sarebbero state messe in atto soprattutto dai Paesi in difficoltà della periferia dell'eurozona. In conferenza stampa, il presidente della Bce, Mario Draghi, aveva già nettamente smentito il fatto che gli acquisti (che non vanno confusi con quelli realizzati dalle banche centrali nazionali, oltre che dalla Bce direttamente, in base al programma di stimolo monetario di quantitative easing lanciato l'anno scorso) potessero essere utilizzati per il finanziamento monetario degli Stati, citando la possibilità che in base all'accordo con la Bce, denominato Anfa (Accordo sulle attività finanziarie nette, secondo la sigla in inglese), le banche centrali nazionali avessero acquisito titoli dei rispettivi Paesi per il portafoglio, per esempio, del fondo pensione dei propri dipendenti o per altre funzioni. Le banche centrali nazionali, aveva detto Draghi, si sono attenute alle regole e ai limiti concordati con la Bce per questo tipo di acquisti. L'Anfa esiste anzi proprio per limitare la capacità delle banche centrali nazionali di creare liquidità: queste quindi non possono stampare moneta a volontà, come insinua la stampa tedesca.

Nella nota diffusa ieri, la Bce sostiene che i cosiddetti “net financial assets” sono cresciuti in media del 5% l'anno dal 2002, anno dell'introduzione delle banconote in euro. Una crescita più lenta di quella delle banconote in circolazione, che è stata del 9% l'anno nel corso dello stesso periodo. Le attività finanziarie nette non si sarebbero quindi dilatate in modo abnorme, anche se il loro andamento mostra una crescita più pronunciata nella fase acuta della crisi dell'eurozona, nel 2010-2011, per rispondere alle necessità di riserva obbligatoria delle banche.

Le attività finanziarie delle banche centrali nazionali, (che, dopo la creazione dell'euro sono comunque rimaste istituzioni indipendenti dal punto di vista finanziario e continuano a svolgere compiti a livello nazionale a patto che non interferiscano con la politica monetaria) possono essere la controparte del capitale e delle riserve contabili o di altre passività specifiche delle banche centrali nazionali, delle riserve in valuta o possono essere detenute in funzione di investimento, oltre che, come citato da Draghi, possedute dai fondi pensione dei dipendenti. Questi portafogli di titoli dei rispettivi Paesi esistevano già nei bilanci delle banche centrali nazionali prima dell'entrata nell'Eurosistema.

La pubblicazione dei dettagli dell'Anfa e delle posizioni delle banche centrali nazionali è stata decisa all'unanimità, afferma la nota della Bce, nello spirito di trasparenza che ha portato dallo scorso anno alla pubblicazione del resoconto delle riunioni del consiglio, finora mantenute riservate, e dell'agenda dei membri del comitato esecutivo.

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