Mondo

Mutilazioni femminili, allarme di Ban Ki-moon: i casi sono in…

  • Abbonati
  • Accedi
giornata mondiale della «tolleranza zero»

Mutilazioni femminili, allarme di Ban Ki-moon: i casi sono in aumento, è urgente mobilitazione globale

«Ho sentito una giovane recitare una poesia sull'orrore delle mutilazioni genitali cui era stata sottoposta. Ho pianto. Quel giorno mi sono inginocchiata e ho giurato di non tagliare più nessun'altra ragazza». Sabina, fino a poco tempo fa, praticava la circoncisione alle ragazze masai in Kenya. In occasione della Giornata internazionale della Tolleranza Zero contro le mutilazioni genitali femminili, istituita dall’Oms, la fondazione Amref (African Medical and Research Foundation) lancia la campagna «Stop the cut» (Fermiamo il taglio), raccontando molte storie come quella di Sabina.

Le mutilazioni genitali femminili, conosciute anche come «taglio genitale femminile» (Female Genital Cutting - Fgc), includono procedure che causano ferite agli organi genitali che vengono alterati, senza alcuna ragione medica ed anzi causando danni gravissimi.

Stando a dati diffusi dall'Unicef, sono almeno 200 milioni le donne e le bambine che hanno subito mutilazioni in 30 Paesi. La maggior parte di loro ha subito la mutilazione nel periodo compreso tra l’infanzia e i 15 anni di età.

La mutilazione genitale ha complicazioni acute e croniche: dolore, sanguinamento, infezioni e a volte la morte. Quando la ferita si rimargina, si determinano complicazioni croniche con serie conseguenze sulla salute materna. Alcuni esempi sono le fistole, l’infertilità e l’incapacità di partorire naturalmente, cosa che può provocare complicazioni e anche la morte dei neonati. Le donne che hanno subito il taglio non possono avere relazioni sessuali normali e il dolore durante il sesso è tra loro un elemento comune.

Dal 1993 è classificata come «violenza contro le donne»
Per questo motivo nel 1993 la mutilazione genitale femminile è stata classificata come una forma di violenza contro le donne dalla Legislazione internazionale dei diritti umani. E nel 2012 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha emanato una risoluzione sull’eliminazione delle mutilazioni genitali.

Negli anni sono dunque stati compiuti vari progressi e oggi 24 dei 29 Paesi dove si concentravano maggiormente le mutilazioni genitali femminili hanno promulgato una normativa contro questa pratica, ricorda Amref.

La campagna di Amref punta a sensibilizzare le comunità africane attraverso la radio e le testimonianze di chi è salvo grazie ai riti di passaggio alternativi e a lanciare un appello alla Sierra Leone che non ha ancora dichiarato illegali le mutilazioni.

In Sierra Leone è supportata dal governo
Amref Health Africa ha anzi espresso preoccupazione per il fatto che, contrariamente alla posizione internazionale, in Sierra Leone il ministro del Welfare e delle Pari Opportunità ha annunciato che la mutilazione genitale femminile è una pratica culturale supportata dal governo e che dunque non sarà messa fuori legge. La Sierra Leone è ancora uno dei pochi Paesi che in Africa non hanno dichiarato le mutilazioni illegali.

Allarme del segretario dell'Onu Ban Ki-moon: i casi sono in aumento
Nella Giornata contro le mutilazioni genitali femminili, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha invitato gli uomini in tutto il mondo a unirsi alla lotta per porre fine a questa pratica barbara. Parlando al “Guardian”, che ha avviato una campagna contro la pratica quasi due anni fa, ha detto: «È arrivato il momento per gli uomini di tutto il mondo di prendere parte alla lotta per porre fine alla Mgf con vera dedizione».

Ban Ki-moon da sempre ha mostrato grande impegno negli sforzi per sconfiggere questa terribile violenza che comporta sofferenze e gravi conseguenze sulla salute, e ne ha parlato durante in suoi viaggi in tutta l'Africa dove, nonostante i divieti, la pratica è ancora largamente diffusa, così come è in aumento in alcune comunità di migranti in Europa.

In occasione della Giornata internazionale della “Tolleranza zero”, istituita dall'Organizzazione mondiale della sanità nel 2003, Ban Ki-moon ha quindi lanciato un duro monito, avvertendo che è necessaria più azione. «Se le tendenze attuali continuano, entro il 2030 ci saranno più ragazze mutilate rispetto ad oggi. Mai prima d'ora è stato più urgente porre fine a questa pratica», ha detto.

Mutilazioni in una trentina di Paesi dell'Africa e del Medio Oriente
Yahya Jammeh, presidente del Gambia dove oltre il 70% delle ragazze sono mutilate, ha preso la controversa decisione di mettere al bando la pratica nel mese di novembre. La Nigeria ha emesso un divieto nel maggio del 2015, ma nel Paese, che ha una popolazione di 178 milioni, ci sono più ragazze mutilate rispetto a qualsiasi altro Stato del mondo. Anche se principalmente concentrate in 29 Paesi dell'Africa e del Medio Oriente, le Mgf rappresentano un problema globale. In Gran Bretagna, si stima che 137.000 donne e ragazze abbiano subito mutilazioni genitali o siano a rischio.

Gli appelli di Obama e di papa Francesco
Recentemente anche Papa Francesco e il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, hanno chiesto di mettere fine alle Mgf. Durante una visita in Etiopia nel mese di agosto, il leader della Casa Bianca ha detto che «non ci sono scuse per la violenza sessuale o la violenza domestica, non c'è ragione per cui giovani ragazze debbano subire mutilazioni genitali, non c'è posto in una società civile per il matrimonio forzato o precoce di bambine. Queste tradizioni possono tornare indietro nei secoli, non hanno nessun posto nel XXI secolo».

Allo stesso modo, Papa Francesco ha espresso il suo sostegno per porre fine alle mutilazioni genitali durante il suo viaggio in Africa nel mese di novembre.

© Riproduzione riservata