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Le piste investigative: Fratelli musulmani, polizia, esercito

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le indagini

Le piste investigative: Fratelli musulmani, polizia, esercito

Ci sono almeno tre ipotesi investigative dietro la morte tragica e violenta di Giulio Regeni. Un’azione dei Fratelli Musulmani volta a screditare il leader egiziano al-Sisi. Un’incursione di agenti destinata a far saltare in Libia un accordo con il governo di Tripoli, osteggiato dal regime egiziano. Un mero errore scaturito dal fatto che Regeni non è stato riconosciuto come italiano. Negli ultimi due casi lo scenario è riconducibile a forze di sicurezza del governo egiziano. Potrebbero essere stati poliziotti, servizi di intelligence, esercito o componenti miste dei tre settori. Certo è, per ora, soltanto che le informazioni ufficiali non ci sono. La delegazione di forze dell’ordine italiane giunta in Egitto - sette tra carabinieri del Ros, poliziotti dello Sco e uno dell’Interpol, più due della Polizia di Stato già presenti da tempo - accreditati via canale di cooperazione internazionale di polizia, attende una presa di contatto con i colleghi egiziani. Oggi, forse, si potrà capire se e quanta collaborazione ci sarà con gli organismi di sicurezza del Cairo. Anche l’Aise ha il suo capocentro in Egitto ma, allo stesso modo, al momento non è nelle condizioni di avere collaborazione dagli 007 locali. Un silenzio quasi scontato, in fondo. Sono tre, del resto, anche i canali di possibile flusso informativo. Quello di polizia in senso stretto, forse il più difficile: il diplomatico; quello legato a una rogatoria. Di fatto l’attività di polizia giudiziaria aperta dal fascicolo della procura della Repubblica di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone, ha visto ieri un momento importante nello svolgimento dell’autopsia del corpo di Regeni. Affidata al professor Vittorio Fineschi, è stata disposta dal pubblico ministero Sergio Colaiocco ha accertato la causa della morte: un colpo alla testa.

Il magistrato, che ha aperto un’inchiesta per omicidio a carico di ignoti, ha chiesto anche un esame tossicologico. Il padre di Giulio Regeni ha ufficializzato alla procura di Roma la nomina dell’avvocatessa Alessandra Ballerini quale proprio legale per l’inchiesta sulla morte del ricercatore friulano al Cairo. La famiglia, d’intesa con il legale, ha indicato due consulenti medico legali, uno dei quali ha partecipato all’esame autoptico all’istituto di medicina legale della Sapienza. È molto probabile che siano confermate, almeno in parte, le notizie finora ufficiose sui traumi subiti da Regeni prima di morire. I canali oggi in fibrillazione che più notizie raccolgono e raccontano sono quelli della rete dei ricercatori che conoscevano Regeni. Ma il punto vero e concreto è se l’Italia riuscirà ad acquisire informazioni tali da avere valore in un’indagine di polizia giudiziaria: in assenza, l’inchiesta della procura di Roma rischia di fermarsi. I risultati dell’autopsia faranno clamore ma da soli non possono bastare per dare uno sbocco agli accertamenti chiesti dall’Italia, non solo - com’è ovvio - di natura giudiziaria. Le prossime ore al Cairo, quindi, potranno rivelare se - al di là di un gioco delle parti prevedibile - l’Egitto vuole collaborare o no con la delegazione di carabinieri e poliziotti inviati negli scorsi giorni da Roma.

In fibrillazione c’è anche l’intelligence, visto poi che la questione libica non è autonoma e indipendente da quanto accade in Egitto. La prossima settimana il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) sentirà in audizione l’ambasciatore Giampiero Massolo, direttore del Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza). Il comitato ascolterà l’ambasciatore sulle numerose notizie apparse sui media nei giorni scorsi e riferite, in particolare, all’Aise, l’agenzia informazioni e sicurezza esterna guidata dal generale Alberto Manenti. La vicenda, piuttosto traumatica, riguarda la rimozione di un caporeparto, l’allontanamento di un direttore di divisione, il trasferimento dalla divisione centri all’analisi di un altro dirigente, una serie di spostamenti (anche se questi ultimi sono stati in tutto una ventina e non 86 com’è stato ipotizzato). Gli interventi del direttore dell’Aise, in realtà, sono stati decisi in base a una serie di accertamenti scaturiti anche da altri uffici istituzionali, non di intelligence. E il clamore sorto a riguardo sembra destinato a sgonfiarsi. Il Copasir, con Massolo, dovrebbe affrontare anche di nuovo il tema del rischio cyber e i possibili nuovi scenari organizzativi. Ieri è emerso come l’Isis intenda rafforzarsi e rilanciare gli attacchi di cyber war: ha annunciato la nascita di un nuovo gruppo chiamato Affaq (Horizon) Electronic Foundation il cui compito è quello di aumentare la sicurezza e la consapevolezza tecnica tra jihadisti.