Voleva restare solo a pregare. E Francesco, ieri sera (quando in Italia era già notte inoltrata) finita la messa nel santuario della Madonna di Guadalupe, è andato nel cosiddetto “Camarin”, una stanza appena dietro l'altare per pregare l'immagine della “Virgen Morenita”, la massima devozione dell'interno continente americano. All'inizio, nell'abbracciare una bambina che gli portava dei fiori, il Pontefice, forse per un momento di stanchezza o probabilmente per gli spazi stretti, ha perso per un attimo l'equilibrio, andando a sedere sulla sedia che aveva alle spalle, subito aiutato dalle persone circostanti. Quella del santuario è stato uno dei momenti più importanti e simbolici dell'intero viaggio in Messico: ieri ha parlato davanti ai vescovi – attoniti per i suoi richiami contro il carrierismo e le lotte di potere, fenomeni diffuso tra l'episcopato locale - e alle autorità politiche, e ha definito la piaga del narcotraffico una “metastasi”.
Al santuario di Nostra Signora di Guadalupe, patrona delle Americhe, il più importante santuario mariano del mondo visitato da 21 milioni di pellegrini l'anno, Bergoglio si è rivolto “ai più piccoli, ai sofferenti, agli sfollati e agli emarginati, a tutti coloro che sentono di non avere un posto degno in queste terre”. Una messa accompagnata da molte migliaia di persone dentro la basilica e nel piazzale antistante, e salutata da circa un milione di persone lungo il tragitto di oltre 16 chilometri dalla nunziatura, percorso a velocità ridotta dalla papamobile.
Nella messa – ancora una volta presente il capo dello Stato Enrique Pena Nieto -, ricordando la nascita della tradizione di Guadalupe e le apparizioni mariane originarie, Francesco ha detto che “Maria, la donna del sì, ha voluto anche visitare gli abitanti di questa terra d'America nella persona dell'indio san Juan Diego”. “In quell'alba di dicembre del 1531 - ha sottolineato -, si compiva il primo miracolo che poi sarà la memoria vivente di tutto ciò che questo Santuario custodisce. In quell'alba, in quell'incontro, Dio risvegliò la speranza di suo figlio Juan, la speranza del suo Popolo”. In quell'alba, ha aggiunto, “Dio ha risvegliato e risveglia la speranza dei più piccoli, dei sofferenti, degli sfollati e degli emarginati, di tutti coloro che sentono di non avere un posto degno in queste terre”. In quell'alba “Dio si è avvicinato e si avvicina al cuore sofferente ma resistente di tante madri, padri, nonni che hanno visto i loro figli partire, li hanno visti persi o addirittura strappati dalla criminalità”.
Per il Pontefice, “nella costruzione dell'altro santuario, quello della vita, quello delle nostre comunità, società e culture, nessuno può essere lasciato fuori”. “Tutti siamo necessari - ha rimarcato -, soprattutto quelli che normalmente non contano perché non sono 'all'altezza delle circostanze' o non 'apportano il capitale necessario' per la costruzione delle stesse”. “Il santuario di Dio è la vita dei suoi figli - ha ribadito -, di tutti e in tutte le condizioni, in particolare dei giovani senza futuro esposti a una infinità di situazioni dolorose, a rischio, e quella degli anziani senza riconoscimento, dimenticati in tanti angoli. Il santuario di Dio sono le nostre famiglie che hanno bisogno del minimo necessario per potersi formare e sostenere”.
Al termine, Bergoglio ha richiamato le opere di misericordia, cui ha dedicato il Giubileo. La Vergine di Guadalupe, mentre ci consola delle sofferenze, ha spiegato, “sii mio messaggero - ci dice - dando da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, dà un posto ai bisognosi, vesti chi è nudo e visita i malati. Soccorri i prigionieri, perdona chi ti ha fatto del male, consola chi è triste, abbi pazienza con gli altri e, soprattutto, implora e prega il nostro Dio”. Oggi in programma la messa a Ecatepec, città vicina alla capitale, dove sono attese diverse centinaia di migliaia di persone, e nel pomeriggio la visita all'Ospedale Pediatrico Federico Gomez, dove si recò già Giovanni Paolo II nel suo viaggio storico in Messico nel 1979.
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