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Su Kiev torna lo spettro del caos politico

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Su Kiev torna lo spettro del caos politico

Lo spettro dell’instabilità politica torna ad afferrare l’Ucraina: le gravissime difficoltà dell’economia e la ferita sanguinante del Donbass hanno avuto la meglio sulla fragile alleanza tra il presidente Petro Poroshenko e il premier Arseniy Yatsenyuk. Una collaborazione forzata in briciole dopo che il presidente, ieri pomeriggio, ha chiesto le dimissioni del premier e un voto di sfiducia alla Rada. Sfiducia respinta, ma non certo grazie ai voti del partito che appoggia Poroshenko. In uno scenario in cui già si sospettano scontri tra gli schieramenti di oligarchi che stanno dietro ai vari fronti politici, è difficile dire che futuro avrà la coalizione.

A pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, a maggio e ottobre del 2014, Poroshenko e Yatsenyuk erano stati eletti dopo le proteste e il dramma del Maidan e dopo aver perduto la Crimea per portare il Paese fuori dalla tempesta. «Nei due anni seguiti alla Rivoluzione della Dignità - proclama Poroshenko sul sito della presidenza ucraina - il nostro Paese ha compiuto passi significativi e risoluti verso l’integrazione europea. Abbiamo dato inizio a una serie di riforme importanti e difficili. Ma la gente chiede di più». Il governo, dice il presidente, ha compiuto più errori che progressi, e ha perso la fiducia. La popolarità di Yatsenyuk è all’1%. Nel tentativo di recuperare lo spirito del movimento che nel terribile inverno 2013-2014 portò alla fine della presidenza Yanukovich, vicino a Mosca, Poroshenko ha chiesto non elezioni anticipate ma un rinnovamento della squadra di governo, in cui già si trovano alcuni tecnocrati.

Tra loro il ministro dell’Economia, Aivaras Abromavicius, che il 3 febbraio ha presentato le dimissioni denunciando l’impossibilità di condurre a termine le riforme in un clima di corruzione diffusa. E pochi giorni dopo Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, aveva rivolto a Kiev parole durissime: senza un maggiore sforzo per le riforme delle compagnie di Stato e contro la corruzione, l’Ucraina rischia di farsi sfuggire di mano gli aiuti previsti dall’Fmi per salvare l’economia in recessione. Un programma da 40 miliardi di dollari che sta tenendo in sospeso da ottobre una tranche da 1,7 miliardi, proprio a causa del passo troppo lento delle riforme.

«Questo governo - ha detto ieri Yatsenyuk intervenendo alla Rada prima del voto di fiducia - ha fatto tutto quanto poteva. Accetteremo qualunque decisione il Parlamento prenderà». E i deputati hanno dato un verdetto obliquo: dopo aver espresso la propria insoddisfazione per il lavoro del governo nell’anno passato, con una maggioranza di 247 voti, hanno però poi respinto la mozione di sfiducia, che ha raccolto soltanto 194 voti favorevoli. Difficile prevedere ora le prossime mosse del presidente Poroshenko, che aveva chiarito come «la terapia non sia sufficiente a riconquistare fiducia. Abbiamo bisogno di un taglio chirurgico». Anche se lui stesso aveva ammesso che «il Paese non ha tempo di piombare nella quarta campagna elettorale in meno di due anni: una guerra politica interna di tutti contro tutti - ha detto - è il sogno del nostro vicino nord-orientale». La Russia.

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