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Attenzione agli scenari da incubo per l’Unione

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l’analisi

Attenzione agli scenari da incubo per l’Unione

Il dibattito sull’assoluta necessità di “salvare” Schengen ricorda, nei toni, le richieste dei passeggeri del ponte di prima classe che, mentre la nave inclinata di 15 gradi imbarca acqua e cerca disperatamente di raggiungere un porto dove provvedere alle necessarie, urgenti e massicce riparazioni, chiedono, tra l’attonito e l’accorato: «e il nostro gin tonic….dove dono finiti i nostri cocktail?».

L’idea che qualunque allentamento temporaneo o sospensione concordata della validità dell’accordo di Schengen debba preludere alla fine dell’Unione pare francamente eccessiva.

Bisognerebbe infatti sottolineare come l'accordo di libera circolazione delle persone fosse innanzitutto volto a consentire la costruzione di quel mercato unico in cui, dopo le merci e il capitale, anche il lavoro potesse muoversi senza vincoli eccessivi. Nella fattispecie, si voleva consentire ai cittadini (e ai residenti) dell’Unione di viaggiare e stabilirsi nei diversi Paesi firmatari, per seguire le opportunità di lavoro e le necessita del capitale. La premessa, evidentemente, era che i confini interni all’Unione potevano essere attraversati con ulteriore facilità (ma non certo aboliti) perché quelli esterni erano sufficientemente saldi. Ciò che oggi sta mettendo in difficoltà Schengen è il radicale mutamento delle circostanze, con il suo impatto devastante sulle strutture dell'Unione. Non prendere atto delle condizioni eccezionali che l’Europa sta attraversando, o non trarne le dolorose e dovute conseguenze, rischia di aggiungere solo confusione a un dibattito che richiederebbe invece nervi saldi e onestà intellettuale.

Evidentemente qui non è in gioco l'abolizione di Schengen, che nessuno invoca, ma la presa d'atto che è inverosimile lasciare muovere liberamente per il continente centinaia di migliaia di persone in fuga da guerra e miseria applicando loro regole concepite per la circolazione di un fattore di produzione (il lavoro). Così facendo si finisce col portare acqua a tutti quelli che, travolti dagli eventi e a corto di risposte di qualunque tipo, il Trattato lo aboliscono nei fatti, unilateralmente: costruendo muri e ostruzioni o inventandosi tetti giornalieri di accoglienza, neanche che i migranti fossero turisti giapponesi in visita al Cenacolo vinciano…

La verità è che l'incapacità di realizzare hotspot, identificazioni efficaci e ricollocazioni (tutte cose già più volte pattuite e mai davvero realizzate) fa spostare il clamore verso un obiettivo (la salvaguardia formale degli accordi di Schengen) che verrà sicuramente centrato semplicemente perché nessuno lo vuole mettere davvero in discussione.

Del resto, che le parole vengano spesso impiegate nel tentativo di coprire scomode verità non è prassi di cui l’Italia abbia l’esclusiva: basti pensare agli sforzi della cancelliera Merkel affinché la Turchia del sultano Erdogan si riprenda indietro quei profughi siriani che solo qualche mese fa ella stessa aveva sostenuto di volere accogliere a braccia aperte e senza limiti: che volete, anche in Germania di tanto in tanto si vota.

Valutare l’ipotesi di una sospensione concordata e regolamentata di Schengen sarebbe sempre meglio del caos attuale e consentirebbe di prendere atto che l' Unione è stata costruita per rispondere a sfide ben diverse da quelle odierne e con tecniche che, allora, parevano le migliori disponibili, ma che oggi forse non lo sono più. Così com'è, infatti, la Ue, è il più fantastico dei dirigibili. Ora, o si trasforma in un aeroplano, cioè cambia natura, oppure sarà sorpassata dai tempi e finirà a invecchiare in qualche hangar. Sempre che nel frattempo non faccia la fine dell’Hindenburg… Ecco perché le riforme che occorre mettere in cantiere rapidamente, e le nuove prassi che da subito bisogna attuare, sono ben più radicali di quelle invocate da chi contrappone “crescita ad austerità” (gli stessi che un anno fa lasciarono la Grecia da sola a implorare il medesimo cambiamento) e soprattutto richiedono che gli stracci cessino di volare e la polvere smetta di essere sollevata. Altrimenti nel corso dei prossimi mesi potremmo trovarci a dover fronteggiare, contemporaneamente, la Brexit (dall’Unione) e la Grexit (dall’euro): uno scenario da incubo. Ma soprattutto una situazione ingestibile con questa Unione, così fragile e divisa al suo interno dagli opportunismi dei governi nazionali, ovviamente travestiti da sincere preoccupazioni per il futuro del progetto europeo: i soli in grado di cambiare radicalmente le cose, i soli che non lo stanno facendo.

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