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Allarme di Amnesty: diritti umani violati in almeno 122 paesi. Per…

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rapporto 2015

Allarme di Amnesty: diritti umani violati in almeno 122 paesi. Per l’Italia dieci sfide ancora aperte

«Il 2015 è uno degli anni neri per i diritti umani che invece di rafforzarsi nel mondo non hanno fatto segnare nessun progresso ma al contrario sono diminuiti». Gianni Rufini, direttore di Amnesty International Italia, presentando oggi a Roma il rapporto 2015-2016 dell'organizzazione per la difesa dei diritti umani, ha affermato che si è andati indietro invece che avanti.

Una situazione che ha fatto dire a Salil Shetty, segretario generale di Amnesty che «non sono solo i nostri diritti a essere minacciati, lo sono anche le leggi e il sistema che li proteggono». «I diritti sono in pericolo, considerati con profondo disprezzo da molti governi del mondo» ha dichiarato ancora Shetty. «Milioni di persone stanno patendo enormi sofferenze nelle mani degli stati e dei gruppi armati, mentre i governi non si vergognano di descrivere la protezione dei diritti umani come una minaccia alla sicurezza, alla legge e all'ordine e ai valori nazionali», ha aggiunto Shetty. «Non sono solo i nostri diritti a essere minacciati, lo sono anche le leggi e il sistema che li proteggono. Oltre 70 anni di duro lavoro e di progresso umano sono a rischio» ha sottolineato Shetty.

Diritti minacciati a livello nazionale: torture in 122 paesi
Nel 2015 molti governi hanno violato in modo sfacciato il diritto internazionale nel loro contesto interno: oltre 122 stati hanno praticato maltrattamenti o torture e 30 paesi, se non di più, hanno rimandato illegalmente rifugiati verso paesi in cui sarebbero stati in pericolo.

In almeno 19 paesi, governi o gruppi armati hanno commesso crimini di guerra o altre violazioni delle «leggi di guerra».

Un disperato bisogno di rinvigorire le Nazioni Unite
Nel 2015, le Nazioni Unite e i loro uffici che si occupano di protezione dei diritti umani e dei rifugiati hanno sofferto gravemente a causa dell'ostilità e del rifiuto di cooperare da parte dei governi.

Molti governi, secondo Shetty, hanno ostinatamente bloccato le iniziative dell’Onu per impedire atrocità di massa o chiamare i responsabili a rispondere delle loro azioni, respingendo o screditando le raccomandazioni per migliorare la situazione dei diritti umani a livello nazionale.

Il conflitto della Siria è uno degli orribili esempi delle catastrofiche conseguenze, per i diritti umani, del sistematico fallimento delle Nazioni Unite nel tener fede al loro ruolo vitale nel rafforzamento dei diritti umani e del diritto internazionale e nel chiamare a rispondere i responsabili delle violazioni.

Dieci sfide per l’Italiasecondo Amnesty
Dall'immigrazione, alla violenza sulle donne, al sovraffollamento delle carceri, passando per il riconoscimento delle famiglie di persone dello stesso sesso fino all'esportazione delle armi. Sono dieci i punti dell'agenda su cui il governo italiano deve lavorare per garantire una maggiore tutela dei diritti umani nel nostro Paese. È quanto ha affermato oggi Amnesty International presentando il suo rapporto annuale 2015-2016.

Per l'organizzazione specializzata nella difesa dei diritti umani Roma deve garantire la trasparenza delle forze di polizia e introdurre il reato di tortura «adeguando il nostro ordinamento a quanto stabilito nella Convenzione contro la tortura» di cui è firmataria.

Deve fermare il femminicidio e la violenza contro le donne impegnandosi soprattutto a mettere in campo degli strumenti di protezione e di prevenzione invece di concentrarsi come ha fatto finora sugli aspetti punitivi.

Sull'emergenza migranti, Amnesty afferma che l'Italia deve continuare a proteggere i rifugiati e fermare lo sfruttamento, la discriminazione e la criminalizzazione dei migranti. In particolare dovrebbe abrogare il reato di «ingresso e soggiorno illegale sul territorio» perchè «i migranti irregolari non sono criminali e andrebbero trattati come tali». A seguito dei recenti sviluppi, Amnesty esprime preoccupazione per alcune prassi adottate nei centri di accoglienza sulla base dell'«approccio hotspot».

Fra questi la limitazione dell'accesso alle procedure di asilo in base alla sola nazionalità e l'immediata consegna di un decreto di respingimento «differito» nel quale si ingiunge al migrante di lasciare il Paese ma senza fornire l'assistenza necessaria.

Amnesty chiede anche all'Italia di aumentare le proprie quote di reinsediamento. Anche per assicurare condizioni più dignitose nelle carceri il governo italiano deve fare di più, riducendo innanzitutto il sovraffollamento e introducendo l'istituzione del Garante nazionale dei detenuti previsto dal protocollo della Convenzione contro la tortura. Amnesty auspica la chiusura degli ultimi quattro ospedali psichiatrici giudiziari ancora operativi nel nostro Paese.

L'Italia deve anche combattere l'omofobia e la transfobia e garantire tutti i diritti umani alle persone Lgbt. Amnesty raccomanda in particolare l'adozione di norme penali che prevedano pene aggravate contro i crimini basati sull'orientamento sessuale o di genere. Raccomanda inoltre il riconoscimento delle famiglie costituite da persone dello stesso sesso e i diritti delle persone transgender.

Il punto 6 sollecita il nostro Paese a fermare la discriminazione, gli sgomberi forzati e la segregazione dei Rom insistendo che a questa comunità venga riconosciuto il diritto all'alloggio.
L'Italia deve creare inoltre un'istituzione nazionale indipendente per la protezione dei diritti umani come votato dall'Assemblea generale dell'Onu nel 1993 che svolga un'attività di monitoraggio costante sulla situazione dei diritti umani nel nostro Paese. «Non onorare un impegno formalmente assunto di fronte alle Nazioni Unite costituirebbe un segnale assai negativo per quanto riguarda l'effettiva serietà dell'impegno italiano in materia di diritti umani», afferma Amnesty al punto 7. Roma ha anche il dovere, secondo l'organizzazione, di imporre alle aziende italiane il rispetto dei diritti umani sia in Italia che all'estero citando l'Eni in Nigeria e l'Ilva a Taranto. Nel rappoprto Amnesty ricorda di aver sviluppato con l'Eni in Nigeria «un dialogo approfondito» intervenendo dal 2013 in qualità di «azionista critico».

L'organizzazione sottolinea inoltre che l'Italia deve continuare a lottare contro la pena di morte nel mondo, impegnandosi non solo a livello multilaterale - come sta facendo con successo - ma soprattutto a livello bilaterale.

L'ultimo punto, il decimo, richiama l'Italia all'ordine sollecitandola a rispettare gli standard internazionali e nazionali sul commercio delle armi. «Molto preoccupante è il ripetuto invio dell'Italia, nel 2015 e anche all'inizio del 2016 di bombe e sistemi militari all'Arabia Saudita, Paese che alla guida della coalizione impegnata in Yemen, si è reso responsabile di gravi violazioni dei diritti umani», bombardando infrastrutture civili indiscriminatamente, scrive Amnesty chiedendo al governo italiano di sospendere immediatamente l'esportazione di armi verso questp Paese.

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