Non uno ma tredici iPhone. È questa l'ultima indiscrezione, lanciata da Wall Street Journal, circa la vicenda che vede coinvolte Apple e l'Fbi. Al centro della contesa non ci sarebbe soltanto l'iPhone 5C di Syed Rizwan Farook, killer della strage di San Bernardino (California) in cui rimasero uccise 14 persone, ma anche altri dodici smartphone marchiati Apple. Ognuno di questi avrebbe a che fare con casi di crimine sui quali indagano i federali, e conterrebbe dunque potenziali dettagli determinanti ai fini delle varie indagini.
Il caso, tuttavia, è venuto a galla grazie alla storia di San Bernardino, probabilmente perché l'atto con cui un giudice di Los Angeles chiede ad Apple di decrittare quello specifico iPhone ha fatto perdere la pazienza a Cook che ha deciso, con una lettera pubblica molto discussa, di rendere noto al mondo ciò che stava accadendo.
Rispetto agli altri dodici iPhone, per i quali il Dipartimento di Giustizia americano ha già chiesto ad Apple di estrarre i dati, si sa che quattro di questi sono in Illinois, tre a New York, due in California, due in Ohio, e uno nel Massachusetts. In nessuno di questi casi, tuttavia, ci sarebbero di mezzo reati vicini al terrorismo. Ed è difficile, al momento, capire cosa ne sarà. L'impressione è che nei rapporti fra il colosso di Cupertino e il Dipartimento di Giustizia tiri un'aria pesantissima, con diversi procuratori che in questi mesi hanno scritto ad Apple senza ottenere risultati. Quello di San Bernardino, insomma, sarebbe solo il tredicesimo iPhone di questa lunga storia. Ma essendoci di mezzo un attacco terroristico è probabilmente il caso più intricato.
I fan di Apple in strada contro l'Fbi
Quello che sta succedendo in queste ore in una decina di città americane è abbastanza curioso. Alcuni fan di Apple si sono riuniti davanti ai principali Apple Store degli Stati Uniti e nei pressi del quartier generale dell'Fbi per dimostrare tutto il loro disaccordo circa la richiesta avanzata dai federali di sbloccare gli iPhone del killer di San Bernardino. «Giù le mani dall'iPhone» recita uno dei cartelli esposti, a conferma che il caso sta letteralmente dividendo l'opinione pubblica americana. Un sondaggio pubblicato ieri dalle tv Usa ha rilevato che il 51% dei cittadini statunitensi appoggia la richiesta dell'Fbi, mentre il 49% la osteggia.
Gates fa marcia indietro
Intanto c'è da registrare un'intervista che Bill Gates ha concesso a Bloomberg nella quale fa una sorta di marcia indietro, rispetto alle parole rimbalzate ieri mattina che esprimevano il suo pieno appoggio all'Fbi. Gates ha corretto il tiro dicendosi «molto dispiaciuto di essere stato messo contro Apple» sottolineando come il caso di San Bernardino sia un po' un unicum, essendoci di mezzo il terrorismo. «Io credo che ci siano dei casi, come la lotta al terrorismo, che debbano essere valutati. Ma che vada fatto sempre e comunque con l'aiuto delle nostre aziende» ha detto il numero uno di Microsoft.
Il fondatore di Telegram sta con Cook
Anche Pavel Durov, fondatore di Telegram e ritenuto il Mark Zuckerberg russo (per aver creato il social network VKontakte) ha espresso la sua posizione: «Sto dalla parte di Tim Cook. – ha detto in un'intervista rilasciata al Financial Times - Ogni nazione dovrebbe decidere se è disposta ad accettare lo scambio tra la privacy e la percezione di un minore rischio di terrorismo». Dichiarazioni importanti, le sue, considerato che Telegram, la sua App di messaggistica istantanea, rivale accreditata di WhatsApp, è spesso utilizzata dai terroristi per le loro comunicazioni, grazie a una crittografia importante.
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