Mondo

Berlusconi spiato dagli Usa, caso diplomatico

  • Abbonati
  • Accedi
USA

Berlusconi spiato dagli Usa, caso diplomatico

  • –Gerardo Pelosi

ROMA

Il meno scandalizzato per le notizie di Wikileaks sullo spionaggio ai suoi danni pare essere proprio lo stesso Silvio Berlusconi. Nella ricostruzione degli avvenimenti che portarono alle sue dimissioni da Palazzo Chigi nel 2011 il Cavaliere ha sempre attribuito un ruolo tutt’altro che secondario sia agli americani che ai tedeschi. Ma essere accomunato alla Merkel e a Sarkozy nelle attenzioni «non convenzionali» dei centri di ascolto della Nsa in Europa squarcia un velo sui rapporti inconfessabili tra Usa e i principali Paesi Ue e rende oggi sempre più problematica l’integrazione tra le black list e le banche dati passeggeri (le cosiddette Pnr) nell’ottica della comune lotta al terrorismo islamista.

«Ora finalmente mi crederanno quando denunciavo di essere stato vittima di un complotto. Un vero e proprio golpe» è il ragionamento di Berlusconi. I capigruppo Fi Paolo Romani e Renato Brunetta hanno segnalato la gravità dell’episodio e chiesto un incontro urgente al sottosegretario ai Servizi di sicurezza, Marco Minniti, che riferirà domani al Copasir. Matteo Renzi ha annunciato una presa di posizione della Farnesina che ha convocato «per chiarimenti» l’ambasciatore Usa John Phillips. «Nel ricordare le nuove procedure adottate da Obama nel 2014 in materia di riservatezza delle comunicazioni – si legge in una nota della Farnesina – l’ambasciatore Phillips ha assicurato che porterà immediatamente la questione all’attenzione delle sue autorità». Dal canto suo, si precisa nella nota, il segretario generale del ministero degli Esteri ha ribadito la viva aspettativa italiana di poter disporre quanto prima di chiarimenti specifici su quanto emerso in relazione ai fatti del 2011. L’intelligence italiana non sembra preoccupata per l’episodio dal quale non emergerebbe un’attività mirata sull’Italia.

Certo, mancavano ancora le prove delle “cimici” a Palazzo Chigi (anche se tutti ricordano il Berlusconi che “bonifica” il suo ufficio da un finto transistor prima di decidere di trasferirsi a Palazzo Grazioli) e le intercettazioni «con mezzi non convenzionali» del cellulare dell’assistente-interprete Valentino Valentini ma il quadro era già chiaro da tempo. Almeno da quando l’amministrazione Obama si stava interrogando, alla vigilia del G8 dell’Aquila, su chi fosse l’ospite del vertice italiano dei Paesi più industrializzati e soprattutto così amico del predecessore George W. Bush. Sia l’ambasciatore David Thorne e soprattutto la sua incaricata d’affari, Elisabeth Dibble, in “cable” intercettati da Wikileaks appagarono ampiamente la curiosità della Casa Bianca, soprattutto sui rapporti personali tra Berlusconi e Putin alla luce di «affari lucrosi e poco trasparenti». Un’attenzione mista a preoccupazione che stava aumentando mentre la crisi dei mutui subprime in America non era ancora rientrata del tutto e c’era il serio rischio che la crisi dei debiti sovrani nell’Eurozona (con l’Italia oltre alla Grecia sempre più fuori controllo) potesse aggravare la situazione delle istituzioni finanziarie globali. In un “cable” firmato dal ministro consigliere dell’ambasciata Usa a Roma, Elisabeth Dibble, in data 27 ottobre 2011, ossia 4 giorni dopo il Consiglio Ue nel quale Merkel e Sarkozy avevano sollecitato interventi urgenti a Berlusconi sui conti pubblici italiani (e poco prima del G20 di Cannes), era scritto: «La salute politica e personale di Berlusconi paga il prezzo degli scandali». Il riferimento era ai cosiddetti «wild parties» che avrebbero distratto troppo il Capo del Governo italiano dai suoi compiti istituzionali in un momento di grave crisi del Paese. Le fonti americane sarebbero state due: il senatore Pdl Giampiero Cantoni e il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta che all’epoca smentirono le frasi loro attribuite.

Non è stato possibile ottenere commenti sulle ultime indiscrezioni né da parte dell’ex collaboratore di Berlusconi (delegato ai rapporti con la Russia) Valentino Valentini né da parte del consigliere diplomatico aggiunto Marco Carnelos attualmente ambasciatore a Baghdad che in un tweet ha cercato di ridimensionare l’intera vicenda. Il nome di Carnelos ricorre numerose volte nei “cable” dell’ambasciata Usa molto di più di Valentini e dello stesso consigliere diplomatico Bruno Archi. Alla Farnesina tutti ricordano, infatti, come in quegli anni la gestione della politica estera di Palazzo Chigi fosse seguita in prima persona da Carnelos sia per il Trattato con la Libia di Gheddafi, sia per i rapporti con il Medio Oriente e con la Russia. Fino a quando nel 2011, per motivi mai spiegati, fu allontanato da Palazzo Chigi. Intanto la procura di Roma fa sapere che il fascicolo sarà aperto solo in caso di esposti o denunce. Si attendono quelli di Ghedini e del Tribunale Dreyfus.

© RIPRODUZIONE RISE RVATA