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L’Isis entra a Sabrata. In Libia che cosa farà…

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venti di guerra

L’Isis entra a Sabrata. In Libia che cosa farà l’Italia?

L'Isis, dopo l'offensiva, sta facendo colazione sul teatro romano di Sabrata e magari i jihadisti pensano di distruggere anche questo patrimonio dell'Unesco come hanno già fatto a Palmira e in altri siti della Siria. Vanno e vengono dalla città come vogliono.
Nella loro logica tutto ciò che ha preceduto l'Islam, più o meno cinquemila anni di storia, è solo patrimonio dei miscredenti.

Prepariamoci al peggio che i libici stanno già sperimentando con le decapitazioni delle guardie della città, un tempo fenicia, poi greca e quindi romana. Cosa faremo questa volta? Ci affideremo ai raid dei droni che come hanno dimostrano quelli americani proprio a Sabrata qualche giorno fa mietono un po' di vittime tra la guerriglia, molti tra i civili e non portano a grandi risultati? Anzi, l'occupazione temporanea di Sabrata fa pensare che l'Isis abbia deciso di eliminare l'attuale amministrazione islamista incapace di garantire la sicurezza dei jihadisti o magari addirittura complice del raid americano.
Le potenze occidentali dicono di avere un piano. Non c'è giorno che non ci sia propinata qualche soluzione: inviare truppe, dividere la Libia, fare un cordone marittimo, chiedere una risoluzione dell'Onu, aspettare che il governo di Tobruk e di Tripoli si mettano d'accordo, quasi una barzelletta. E anche tutte queste cose insieme.
Il ventaglio delle proposte è talmente ampio da insospettire: forse il primo che prenderà l'iniziativa deciderà che guerra faremo alla Libia, la seconda dopo quella che ha abbattuto Gheddafi nel 2011 con le conseguenze ben note a tutti.

Cosa farà l'Italia già lo sappiamo. Seguirà gli altri, cioè americani, francesi, inglesi. Nella speranza di trovare un posto a tavola, uno strapuntino che le dia il diritto di difendere almeno in parte i suoi interessi energetici in Tripolitania che per altro finora l'Eni ha preservato per i fatti suoi attraverso gli accordi stretti con le milizie locali.
Però un'idea ci sarebbe: stiamocene a casa, lasciamo che siano gli altri a spartirsi le spoglie di quel che rimane della Libia e che loro hanno contribuito a disfare. E quando sarà possibile manderemo i nostri caschi blu della cultura a Sabrata. La Libia è stata persa durante la seconda guerra mondiale, poi con la caduta di Gheddafi che anche noi abbiamo bombardato: alla terza volta speriamo di avere imparato la lezione.

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