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Crisi migranti, la Grecia richiama l’ambasciatore a Vienna.…

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ALTA TENSIONE DIPLOMATICA

Crisi migranti, la Grecia richiama l’ambasciatore a Vienna. «Non siamo il Libano d’Europa»

La mossa era nell’aria da giorni ed è deflagrata come una “bomba diplomatica” nel fragile tessuto istituzionale europeo dopo l’esclusione di Atene dal vertice sulla crisi dei migranti tenuto a Vienna. La Grecia ha richiamato il proprio ambasciatore a Vienna, Chrysoula Aleiferi, in seguito al vertice Austria-Balcani sui migranti. Il ministero degli Esteri ellenico ha precisato che le consultazioni con l'ambasciatore hanno «il fine di preservare le relazioni amichevoli tra i popoli e gli Stati di Grecia ed Austria», ma il richiamo dell’ambasciatore in diplomazia manifesta un atto di forte tensione tra due paesi.

«I grandi problemi dell'Ue - si legge nella dura nota diplomatica - non possono essere superati con pensieri, atteggiamenti ed iniziative extra-istituzionali che hanno origine nel XIX secolo, e le decisioni dei capi di Stato non possono essere sostituite da linee guida dei capi della polizia. Questo è un grave problema per la democrazia, e mostra la necessità di proteggere l'Ue da elementi antistorici». «Iniziative unilaterali volte a risolvere il problema dei rifugiati... sono pratiche che possono minare le fondamenta ed il processo di integrazione dell'Europa», prosegue il ministero, aggiungendo che «la responsabilità di affrontare l'immigrazione e la crisi dei rifugiati non può essere data ad un solo paese. Il buonsenso impone che un problema così complesso sia affrontato efficacemente seguendo i principi di solidarietà e di equa ripartizione degli oneri. La Grecia sta lavorando in questa direzione».

La posizione di Atene
Atene teme di essere espulsa nei fatti da Schengen e di essere lasciata sola. Non a caso Parigi è intervenuta al suo fianco affermando di «voler fare politiche che mettano in difficoltà la Grecia. Pensiamo che si debba insistere con le decisioni europee che sono state già prese con umanità e responsabilità»: così il ministro dell'Interno francese Bernard Cazneuve al suo arrivo al consiglio Interni Ue. Sulla vicenda si scontrano due posizioni opposte: quelle dei falchi (tra cui l’Est Europa) che non vogliono più nessun migrante a casa loro e quella dei paesi del Sud Europa che non vogliono barriere interne al ricollocamento dei migranti. Probabilmente bisognerà trovare un compromesso tra queste due posizioni attraverso l’adozione di quote europee annuali condivise, ma sarà un percorso difficile.

Più nel dettaglio è interessante notare ciò che ha detto il ministro dell’Immigrazione greco. La Grecia non diventerà il «Libano d'Europa, un deposito di anime» per conto della Ue, con milioni di migranti e rifugiati: parola del ministro dell'Immigrazione greco, Yannis Mouzalas, che ha criticato le azioni «unilaterali» di altri Paesi che colpiscono la Grecia e che secondo indiscrezioni provenienti da Syriza, il partito di maggioranza, sarebbe stato a un passo dalle dimissioni se Atene non avesse protestato con forza verso l’iniziativa austriaca. «Un gran numero di partecipanti qui cercheranno di discutere come affrontare una crisi umanitaria in Grecia che loro stessi intendono creare», ha affermato il ministro, all'indomani della riunione a Vienna con i Paesi balcanici sulla crisi dei migranti alla quale Atene non è stata invitata.
Mouzalas ha poi messo in guardia i Paesi vicini: «Anche la Grecia può portare avanti azioni unilaterali, non accetteremo di diventare il Libano d'Europa, un deposito di anime, anche se con i finanziamenti europei».
Il riferimento a Beirut è ai più di un milione di profughi siriani che hanno trovato ospitalità in Libano, rappresentando ormai quasi un terzo della popolazione totale. Da quando L’ex Repubblica di Macedonia ha inasprito i controlli a Imodemi e ha bloccato lunedì il confine al passaggio di afghani, Atene si è vista costretta a dirottare circa 12mila migranti tra cui molti siriani e iracheni senza i documenti regolari, in due capi profughi, uno ad Atene e l’altro a Salonicco.

Il commissario Ue Avramopoulos: senza risultati in 10 giorni sistema al collasso
«Se entro i prossimi 10 giorni non ci saranno «risultati tangibili» sul fronte della strategia europea di gestione dei flussi di migranti, «il rischio è che l'intero sistema collassi completamente». Lo ha detto al termine del deludente Consiglio dei ministri degli Interni Ue il commissario agli Affari interni e all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos.

Anche se l'ipotesi di un referendum in Ungheria sulle quote obbligatorie per la redistribuzione dei profughi «è una questione nazionale», il commissario Avramopoulos ha sottolinea che Bruxelles attende chiarificazioni da Budapest. Infatti, ha spiegato al termine del Consiglio dei ministri degli Interni Ue, «si tratta di una questione direttamente legata alla politica europea». Il meccanismo di redistribuzione e di reinsediamento, ha aggiunto, «è una decisione vincolante, presa dai Ventotto paesi a maggioranza qualificata».

Nei Balcani Occidentali «la situazione è critica. La possibilità di una crisi umanitaria è molto vicina», ha aggiunto il commissario europeo alle Migrazioni. «I primi effetti negativi» delle misure unilaterali alle frontiere decise da alcuni Stati, ha aggiunto, «sono già visibili: abbiamo delle responsabilità verso queste persone, che sono disperate».

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