Mondo

Ungheria, primo referendum anti-migranti

  • Abbonati
  • Accedi
i profughi in europa

Ungheria, primo referendum anti-migranti

La crisi dei migranti sta lacerando l’Unione europea più in profondità di quanto non l’abbia già fatto nel 2009 la crisi dei debiti sovrani e il successivo salvataggio, con prestiti bilaterali prima e attraverso il Fondo salva stati poi, dei paesi insolventi.

Oggi ,come allora, le risposte sono prima nazionali, in attesa di quelle europee. In questo quadro convulso, l’Ungheria, secondo le parole del premier Victor Orban, «ha deciso di tenere un referendum sulle quote obbligatorie di migranti». Un ricorso alla volontà popolare il cui esito pare già segnato in partenza.

Budapest non ha usato il fioretto, ma la spada come è suo costume e ne ha fatto una questione di “scontro tra civiltà” secondo la famosa definizione del politologo americano, Samuel Huntington che per primo teorizzò un conflitto combattuto lungo le “faglie” ovvero i confini tra le varie civiltà.

Bruxelles, ha detto Orban, «non ha il diritto di ridisegnare l’identità culturale e religiosa dell’Europa.Non possiamo adottare ignorando i cittadini e contro il volere dei cittadini delle decisioni che cambieranno grandemente le loro vite e quelle delle generazioni future». La domanda che sarà posta ai cittadini ungheresi (non si sa ancora la data precisa) sarà del tipo «sei d’accordo sul fatto che l’Unione europea decida la quota di trasferimento obbligatorio di cittadini non ungheresi in Ungheria senza l’autorizzazione del Parlamento nazionale?». La domanda è formulata in modo capzioso, perché mette l’interlocutore nella condizione di rispondere praticamente in un solo modo.

Il governo del premier Orban, che mi confessò all’inizio della sua carriera in un’intervista di essere un estimatore di Indro Montanelli e dei suoi reportage sulla rivolta ungherese del 1956, ha votato contro il piano europeo approvato nello scorso settembre e che prevede il ricollocamento di 160mila rifugiati in base ad un piano di quote nazionale; nel dicembre scorso sia l’Ungheria che la Slovacchia hanno presentato un ricorso contro il piano presso la Corte di Giustizia europea. Anche la Repubblica ceca e la Polonia del gemello superstite Jaroslaw Kaczynski (nonostante la valanga di fondi europei diretti a Varsavia pari a 152 miliardi di euro dal 2007 al 2020) sono sulla stessa lunghezza d’onda di chiusura, dopo l’incontro del gruppo di Visegrad che li raggruppa a livello politico.

L’Italia, ha preso le distanze dall’iniziativa magiara. «Tutti i Paesi hanno diritto di prendere le proprie decisioni nazionali, ma il mio giudizio politico è critico», ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. «Non credo che oggi l’Europa possa gestire la crisi migratoria con singoli Paesi che demandano ai propri cittadini decisioni per incrinare quelle comuni prese a livello europeo», ha sottolineato Gentiloni, mettendo in guardia dal rischio di creare «precedenti che potrebbero essere negativi e persino pericolosi».«Se questa pratica diventerà contagiosa- ha ammonito Gentiloni- può mettere in crisi le basi su cui l’Ue poggia».

A Bruxelles la tensione con Budapest è già cominciata a salire. «Quelli che vogliono mantenere l’unità dell’Ue e dell’Occidente sentano che ci troviamo in un momento epico in cui dobbiamo attuare l’agenda sui migranti», è stato il duro monito del Presidente del Consiglio europeo, il polaco Donald Tusk, ieri nel suo intervento alla Plenaria di Bruxelles.

Poi c’è il “fronte” austriaco che ha visto Vienna organizzare un vertice con tutti i paesi della “rotta dei Balcani” senza invitare però la Grecia, la Germania e la Commissione europea. «Vienna sigla coi Balcani un patto anti Merkel!». È stato questo il titolo della Bild on line sulla conferenza dei Balcani. Secondo il tabloid - e la lettura è condivisa da diverse emittenti tv che hanno trasmesso in diretta la conferenza stampa dei due ministri austriaci, degli esteri e dell’Interno - l’Austria sta fondando un’alleanza contro il governo di Berlino, come si stesse ricreando lo spazio politico del vecchio impero asburgico.

L’obiettivo di Vienna, promuovendo misure nazionali che stoppino il flusso dei profughi, è «far ragionare» gli altri, e cioè Berlino (che ha già accolto un milione di migranti nel 2015) e la Ue. «Il nostro fine è provocare una reazione a catena della ragionevolezza», ha detto il ministro degli Interni austriaca Johanna Mikl-Leitner, sottolineando di voler fondare una nuova «alleanza» per produrre un effetto domino in modo che sulla rotta balcanica siano consentiti sempre meno profughi. Il ministro ha ribadito che «non si può andare avanti così, i profughi vanno fermati». Non certo, però, al confine macedone, spingendo , nei fatti,Atene fuori da Schengen.

© Riproduzione riservata