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Siria, Lavrov: nessuno può garantire la tregua. Obama: il…

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ong: 30 raid russi su aleppo

Siria, Lavrov: nessuno può garantire la tregua. Obama: il mondo ci guarda

A 24 ore dal cessate il fuoco in Siria deciso fra Russia e Stati Uniti - il primo in cinque anni di guerra civile scoppiata nel marzo 2011 - da Mosca arrivano segnali non incoraggianti che chiariscono la natura della fragile tregua annunciata il 22 febbraio. Dmitri Peskov, portavoce di Putin, dice che «le forze aeree russe stanno continuando le operazioni in Siria contro i terroristi a sostegno delle forze armate del Paese, e lo faranno anche dopo che il cessate il fuoco diventerà operativo: è uno dei termini dell'accordo fra i presidenti della Russia e degli Usa». Soprattutto però sono le parole di Lavrov oggi che come al solito possono far presagire l’uno e l’altro esito. Il potente ministro degli esteri russo prima si aspetta l’appoggio delle Nazioni Unite ma poi dice che nessuno può dare il 100 per cento di garanzie che l’accordo sul cessate il fuoco «sarà attuato»; allo stesso tempo si augura che gli americani «abbandonino l’idea di un’operazione di terra» ed «evitino assieme agli alleati l’ambiguità di un piano B per la Siria»; infine definisce «ingiustificata» la richiesta di Obama che vuole le dimissioni del presidente siriano Assad.

Lavrov parla mentre i jet russi continuano a bombardare «le organizzazioni terroristiche» nel Paese, come ammesso dallo stesso Cremlino che invece non commenta la notizia dei raid contro roccaforti dei ribelli. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), sono saliti a 30 i raid russi di oggi nella provincia di Aleppo, e proseguono i combattimenti tra ribelli e governativi nei pressi di al-Tamoura, il villaggio conquistato due settimane fa dai soldati fedeli al presidente Bashar al Assad.

Alla vigilia della tregua, dunque, i russi hanno deciso di intensificare i bombardamenti, nel giorno in cui le due superpotenze dovrebbero definire le modalità di applicazione del cessate, giornata considerata «cruciale» dalle Nazioni unite. «Il mondo ci sta guardando. I prossimi giorni saranno critici», ha avvertito il presidente Barack Obama, invitando Mosca e Damasco a rispettare gli accordi presi.

Il regime di Bashar al Assad, l'opposizione armata e le forze curde hanno annunciato che rispetteranno il cessate il fuoco concordato da Stati uniti e Russia. Sono esclusi dall'accordo l'Isis, il fronte al Nusra e altre organizzazioni terroristiche. «Non ci sarà assolutamente alcun cessate il fuoco nelle nostre attività di contrasto all'Is», ha dichiarato Obama dopo aver incontrato, ieri sera, il Consiglio di sicurezza nazionale: il presidente ha spiegato che l’Isis si è indebolito dall’estate scorsa, non riesce più a lanciare offensive né in Sia né in Iraq, e non riesce più a reclutare nuove leve.

Alleata degli Stati Uniti nella guerra all'Isis, la principale milizia curdo-siriana delle Unità di protezione del Popolo curdo (Ypg) ha annunciato che rispetterà la tregua pur riservandosi il diritto di «rispondere» in caso di attacco. Chiaro il riferimento alla Turchia, che considera questo gruppo alla strega di organizzazioni «terroristiche». E infatti, la replica di Ankara non si è fatta attendere. «Deve essere chiaro che il cessate il fuoco è valido per la Siria. Ma quando si tratta della sicurezza della Turchia, allora il cessate il fuoco non è vincolante per noi», ha tenuto a precisare il primo ministro turco Ahmet Davutoglu. Mikhail Bogdanov, vice ministro degli Esteri russo, ha bollato come «un’idiozia» la possibilità ventilata dai turchi che i curdi non partecipano alla tregua.

Circa cento milizie di insorti siriani hanno invece comunicato di voler rispettare il cessate il fuoco la cui entrata in vigore è prevista a partire dalla mezzanotte ora locale in Siria, riferisce la tv panaraba al Arabiya con una scritta in sovrimpressione.

Una fonte del ministero degli Esteri russo ha fatto sapere che i negoziati tra governo e opposizione siriana dovrebbero riprendere a Ginevra il 7 marzo. I colloqui, avviati all'inizio di febbraio erano stati sospesi a causa delle differenti posizioni delle parti e dovevano riprendere il 25 febbraio, ma l'inviato Onu Staffan de Mistura aveva avvertito che non si trattava di una scadenza realistica.


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