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Tokyo ricorda il golpe militare di 80 anni fa

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Tokyo ricorda il golpe militare di 80 anni fa

TOKYO - È il 26 febbraio a Tokyo, quartiere di Motoazabu. Nel cimitero annesso al tempio Kensoji - all'ombra di un palazzo ispirato alla Torre Velasca di Milano - arrivano gruppi di persone. Vengono distribuiti bastoncini di incenso. Tutti intonano - anzi stonano - il canto più popolare dell'ultima guerra: “Umi Yukaba”.

Sono qui, davanti alla tomba di 22 uomini, i giovani ufficiali protagonisti della rivolta militare di 80 anni fa: il golpe con cui reparti di ammutinati - per lo più della prima divisione dell'esercito - occuparono i principali uffici pubblici e assassinarono vari membri del governo. Lo scopo era quello di farla finita con il governo civile e instaurare una dittatura militare nazionalsocialista. Lo fecero in nome dell'imperatore. Hirohito però si oppose con forza, infuriato per un evento che dava al mondo lo spettacolo di un Giappone tra insubordinazione e carneficina. Il golpe fallì e i giovani leader finirono davanti al plotone d'esecuzione. Morirono inneggiando all'imperatore “Tenno Heika Banzai”.

Molti dei presenti nel luogo dove furono poste le ceneri dei principali rivoltosi (compresi i due che si suicidarono) sono nostalgici di destra, ma ci sono anche vecchietti e signore che non sembrano molto politicizzati. «Questi ragazzi hanno sbagliato, ma avevano ideali. Credevano di fare il bene della nazione» dice un anziano signore con un grande rosario buddista in mano.

Per quasi tutti l'appuntamento è un'ora dopo a Shibuya, davanti allo specifico memoriale del “Niniroku jiken” (incidente del 26 febbraio): una specie di altare sormontato da una grande statua di Kannon (divinità buddista della misericordia), che ricorda tutti, i rivoltosi come i poliziotti e militari che persero la vita in difesa del governo. Si trova di fianco alla sede della rete tv NHK, nel luogo un tempo sede del carcere militare e di esecuzioni capitali. L'approccio appare dunque piuttosto ecumenico: si onorano i caduti di entrambe le parti. Non e' strano, in Giappone, dove viene celebrata anche la “nobiltà nella sconfitta” secondo un'etica di tradizione samurai, il cui esempio massimo è quello di un altro ribelle, Saigo Takamori, considerato comunque un eroe nazionale.

Secondo gli storici, la connotazione ideologica del golpe del “Niniroku” era complessa, influenzata dall'ex socialista Ikki Kita (anch'egli poi giustiziato): nel mirino c'erano anche i grandi capitalisti degli “zaibatsu”, ritenuti colpevoli di arricchirsi a danno di una popolazione ridotta alla fame - soprattutto nelle campagne del Tohoku - dalle conseguenze della crisi economica mondiale iniziata con il crollo del '29 a Wall Street.

La soluzione, per i rivoltosi, era eliminare i cattivi consiglieri dell'imperatore per ridare prosperità e grandezza alla nazione. Scelsero sette obiettivi principali per la notte tra il 25 e il 26 febbraio – durante una forte nevicata -, ma non riuscirono ad assassinare il primo ministro Keisuke Okada (un ammiraglio, colpevole di aver appoggiato il Trattato Navale di Londra) in quanto suo fratello si sacrificò dichiarando loro di essere il premier. Occuparono vari centri del potere, ma mai il palazzo imperiale. E devastarono la sede del quotidiano Asahi, unica voce ancora non sempre allineata al coro di un nazionalismo aggressivo. Spararono al ministro delle Finanze Korekiyo Takahashi, odiato perche' aveva osato opporsi al continuo aumento delle spese militari. A Takahashi sono dedicati oggi un parco e una statua nel centro di Tokyo, ad Akasaka, dove sorgeva l'abitazione in cui fu ucciso. Su Takahashi c'è un revival di attenzione con libri e pubblicazioni che lo indicano come il “Keynes” del Giappone, fautore di politiche espansive e della svalutazione dello yen, tanto che c'è chi lo indica come il precursore delle politiche monetarie odierne promosse dal governatore della banca centrale, Haruhiko Kuroda.

Intorno a mezzogiorno un ragazzo si avvicina alla statua di Takahashi e fotografa. «Sai chi è questo personaggio?». «Veramente non lo so», risponde. È Kenji, giovane impiegato di Chiba, a zonzo nel parco, visto il tempo quasi primaverile. Decisamente i giovani giapponesi di oggi sembrano piuttosto a digiuni di storia contemporanea.

I giovani ufficiali estremisti degli anni '30, invece, si interessavano fin troppo di politica e trovarono appoggi nelle alte sfere militari appartenenti alla fazione “Kodo”. Non esitarono nemmeno a eliminare anche un generale considerato moderato: l'ispettore generale dell'istruzione militare Jotaro Watanabe. Lo uccisero a raffiche davanti alla moglie e alla figlioletta di 8 anni, Kanako. Quella bambina divenne poi una suora cattolica. Dice padre Mario Canducci, francescano, in Giappone da 52 anni: «Conosco bene Kazuko Watanabe. Oggi vive a Okayama ed è nota in tutto il Paese. Le sue conferenze sono molto seguite, i suoi libri molto letti. E lei non esita a parlare di quell'episodio della sua infanzia come decisivo per la sua vita. È diventata una grande educatrice, a capo delle scuole della sua congregazione, Notre Dame de Namur».

Il tentato golpe del 26 febbraio, anche se fallito in soli tre giorni, fu decisivo nell'evoluzione del Paese verso la catastrofe finale. Nonostante la repressione dei ribelli, la deriva militarista ebbe una decisa accelerazione. Anche se ci fu in loro anche un certo idealismo di fondo, i giovani fanatizzati (e strumentalizzati) le cui ceneri riposano a Motoazabu furono politicamente disastrosi per il loro Paese.

26 febbraio: Golpe militare a Tokyo!

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