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L'Indonesia apre ai capitali esteri

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Liberalizzazioni

L'Indonesia apre ai capitali esteri

Marka
Marka

Liberalizzazioni e taglio del costo del denaro: l'Indonesia si lancia alla ricerca della crescita smarrita. Dopo aver chiuso il 2015 con il più basso tasso di sviluppo dal 2009 (4,8%), il presidente Joko Widodo ha bisogno di dare una scossa al Paese se davvero vuole raggiungere l'obiettivo di portare la sua crescita al 7% entro il 2019. Per l'anno in corso, il traguardo è fissato al 5,3%.

In un Paese a scarsa disponibilità di capitale domestico (nel 2015 gli investimenti nei settori ad alta intensità di lavoro sono diminuiti del 12%), diventa fondamentale attrarre risorse dall'estero. Per riuscirci, il Governo cerca di far dimenticare i provvedimenti di stampo restrittivo adottati oltre un anno fa e annuncia una raffica di liberalizzazioni su dozzine di settori che verranno aperti ai capitali esteri. Contemporaneamente, aiutata dal raffreddamento dell'inflazione (scesa al 4,1% a gennaio dal 7% di gennaio 2015), il 18 febbraio la Banca centrale ha deciso di abbandonare il suo atteggiamento prudente e ha tagliato di 25 punti base i tassi di riferimento, portandoli dal 7,25 al 7%. L'Authority monetaria ha anche ridotto di 100 punti base (al 6,5%) le riserve obbligatorie per le banche commerciali.

Solo pochi giorni prima, Jokowi (come viene chiamato Widodo in Indonesia) aveva dichiarato in un'intervista di voler vedere i tassi «scendere, scendere, scendere, scendere e scendere ancora in modo che l'economia reale possa essere competitiva». Per assicurarsi questo continuo calo del costo del denaro, il governo ha annunciato la costituzione di una task force con l'Autorità di vigilanza sulle attività finanziarie e con la Banca centrale, incaricata di coordinare gli sforzi necessari per far scendere tassi e costi di finanziamento.
La mossa della Banca centrale è arrivata una settimana dopo l'annuncio del “Big bang” delle liberalizzazioni, come l'ha definito lo stesso Jokowi. Con il decimo pacchetto di riforme economiche varato da settembre del 2015 (l'undicesimo arriverà a giorni e sarà centrato sul taglio dei costi della logistica), il Governo ha annunciato che saranno alzati i limiti alla partecipazione di capitale estero in 49 settori, molti dei quali saranno cancellati dalla “negative list”, il documento che appunto elenca i rami di attività nei quali la partecipazione di capitale estero è limitata o esclusa. Diventerà così possibile detenere il 100% delle quote, e quindi operare senza soci locali, in comparti come la catena del freddo, gomma riciclata, centri sportivi, ristoranti, materie prime per medicinali, autostrade a pedaggio, apparecchiature per telecomunicazioni, gestione dei rifiuti non tossici. In altri settori, come la logistica, il tetto alla partecipazione resta, ma sarà alzato fino a consentire di detenere quote di maggioranza.

Il ministro del Commercio Tom Lembong ha definito l'operazione come «la più ampia apertura agli investimenti internazionali degli ultimi dieci anni». Si articolerà in tre tranche: la prima è stata annunciata l'11 febbraio. L'obiettivo finale è dividere l'intera economia in tre categorie: i settori aperti al 100% al capitale estero, quelli aperti al 67% e quelli al 49%.

Il super ministro per l'Economia, Darmin Nasution, ha affermato che queste misure hanno l'obiettivo di sostenere la crescita economica del Paese senza intaccare la competitività delle produzioni locali. Nelle intenzioni del Governo dovrebbero fare crescere il potere d'acquisto degli indonesiani, che possono contare su un reddito pro capite di soli 4mila dollari l'anno. Per esempio, le medicine sono molto costose in Indonesia a causa dei pochi operatori locali e dei costi di produzione tenuti alti dalla necessità di importare le materie prime necessarie. Aprendo la produzione di queste ultime al capitale estero, Giakarta spera di porre le condizioni per una discesa dei prezzi.

Nei settori economici in cui le piccole e medie imprese indonesiane sono prevalenti, gli investitori esteri possono entrare solo attraverso partecipazioni. L'accesso è vietato in 19 settori per investimenti di importo inferiore a 10 miliardi di rupie (743mila dollari). I marketplace online saranno aperti solo a investimenti superiori alle 100mila rupie.
Nel 2015, l'Indonesia ha attratto 29,3 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri, in aumento del 3%. Con le nuove aperture, Jokowi cerca di rassicurare gli investitori internazionali, rimasti delusi dalle prime mosse della sua amministrazione, che ha reso più difficile ottenere permessi di lavoro per i professionisti stranieri, ha imposto l'obbligo di utilizzare la rupia per tutte le transazioni eseguite in Indonesia (imponendo così alle multinazionali di pagare il proprio staff in valuta locale), ha imposto l'obbligo di utilizzare lettere di credito per tutte le operazioni di import-export (un sovraccarico di burocrazia per le società internazionali operative in Indonesia); ha incluso una serie di settori (come telecomunicazioni, agricoltura, petrolio, gas, energia elettrica) nella negative list.

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