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Sanchez vuole governare con Podemos ma la Spagna va verso nuove elezioni

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LA PARALISI POLITICA A MADRID

Sanchez vuole governare con Podemos ma la Spagna va verso nuove elezioni

Afp
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«Gli spagnoli hanno votato una maggioranza per il Parlamento. E ora ci sono solo due alternative: mantenere al potere i popolari con Mariano Rajoy o ripartire muovendoci in avanti». Pedro Sanchez, il leader socialista incaricato di formare il nuovo governo ha chiarito ieri in Parlamento quale maggioranza ha in mente e con quali alleati vorrebbe proseguire il cammino. Sanchez ha escluso ogni possibilità di accordo con il Partito popolare e, dopo aver portato dalla sua parte nei giorni scorsi i centristi di Ciudadanos, punta sul sostegno della sinistra anti-austerity di Podemos. Sanchez affronterà oggi il primo voto parlamentare e se non otterrà la maggioranza assoluta dei 350 deputati, riproverà venerdì quando per diventare premier gli basterà raggiungere la maggioranza semplice.

Sanchez e le forze in Parlamento

«La Spagna ha urgente bisogno di cambiare. La Spagna ha urgente bisogno di un accordo che permetta di cambiare», ha detto Sanchez. Ma i piani del leader socialista sembrano destinati a sbattere contro il no di Podemos: Pablo Iglesias infatti ha ribadito anche ieri la sua totale chiusura a una coalizione che comprenda Ciudadanos, un movimento considerato dagli indignati «troppo di destra» e «troppo vicino alla linea tenuta dai popolari negli ultimi quattro anni».
Sanchez ha ricevuto l’incarico di formare il governo da re Felipe VI dopo la rinuncia del premier uscente Rajoy, che ha preferito farsi da parte «almeno per ora» come ha chiarito più volte. Nelle elezioni del 20 dicembre infatti i popolari si sono confermati primo partito senza tuttavia ottenere i numeri per governare nel Parlamento più frammentato della sua storia democratica: 123 deputati sui 350 del Congresso, la Camera bassa del Parlamento, l’unica che conta per la fiducia all’esecutivo. Ai socialisti del Psoe sono andati invece 90 deputati, mentre Podemos e Ciudadanos - i due movimenti che da sinistra e dal centro hanno cancellato il sistema bipartitico - hanno ottenuto rispettivamente 69 e 40 seggi.

Il gioco delle alleanze non trova soluzione

In Parlamento Sanchez ha spiegato che Rajoy ha governato negli ultimi quattro anni con «superbia e imposizione» chiedendo agli spagnoli «grandi sacrifici in cambio di poche concessioni». E dopo aver bocciato qualsiasi accordo con i popolari ha rinnovato il suo appello a Podemos: «Perché non ci uniamo per formare un governo del cambiamento? Perché non votiamo insieme per tutto ciò su cui siamo d’accordo?», ha detto ancora Sanchez che da tempo afferma di volere l’appoggio simultaneo di Ciudadanos a destra e di Podemos a sinistra, nonostante i due partiti si siano definiti «incompatibili». A oltre due mesi dal voto, dopo lunghe trattative, i socialisti possono sommare ai loro 90 deputati solo i 40 di Ciudadanos: ma 130 deputati su 350 non bastano per governare, nemmeno con un voto a maggioranza semplice nel quale sarebbe necessaria l’astensione dei popolari o di Podemos.

Oggi in serata il primo voto per il governo di Sanchez

Oggi è prevista la replica a Sanchez da parte dei leader degli altri partiti e in serata ci sarà il primo voto sull’investitura, a maggioranza assoluta. Il secondo voto è in programma invece venerdì sera, a maggioranza semplice. Con tutta probabilità Sanchez sarà il primo candidato premier bocciato dal Congresso dalla fine del Franchismo e quindi nella storia democratica del Paese.
Rajoy ha infatti già chiarito ieri che non intende dare alcun appoggio in Parlamento all’accordo raggiunto fra i socialisti e i nuovi liberali di Ciudadanos guidati da Albert Rivera. Rajoy, che spera di tornare in gioco nel caso di fallimento di Sanchez, si è sempre espresso a favore di una coalizione popolari-Ciudadanos e socialisti per appoggiare un governo da lui stesso presieduto.
E per ragioni diverse anche Podemos ha fatto sapere che non sosterrà il governo di Sanchez: «Il Psoe ci ha inviato vari documenti che sono un copia incolla del suo patto con Ciudadanos, nascondendo le misure più vergognose. Questo non è serio», ha twittato Iglesias. I documenti inviati avrebbero contenuto aperture su una sola delle otto richieste presentate da Podemos, quella sull’abolizione della cosiddetta ley mordaza che limita i diritti di manifestare.

Verso nuove elezioni?

Con il voto di oggi - per la legge spagnola - scatta il conto alla rovescia per la formazione del nuovo governo: se entro due mesi, quindi entro il 3 maggio, non sarà trovato un accordo tra i partiti per formare un esecutivo, la Spagna dovrà tornare alle urne, probabilmente il 26 giugno. Secondo i sondaggi tuttavia un nuovo voto cambierebbe di pochissimo gli equilibri in Parlamento. «Nessuno vuole andare di nuovo alle elezioni ma se dovesse accadere tutti i partiti vogliono presentarsi con il migliore messaggio politico possibile», afferma da Madrid Kiko Llaneras, analista di Politikon. Rajoy - alle prese con gravi scandali di corruzione nel suo partito - continuerà a proporsi come forza rassicurante di governo, Sanchez sta tentando di accreditarsi come leader coerente ma di cambiamento, Ciudadanos non abbandonerà le sue posizioni centriste ma di rinnovamento, mentre Podemos insisterà sulla rottura completa con il governo degli ultimi quattro anni e sulla necessità di un’alleanza di sinistra. «I sondaggi dopo i voti di fiducia di questa settimana - spiega Kiko Llaneras - saranno un test chiave per le strategie dei leader politici».

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