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Regeni, sette giorni di torture

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Medio Oriente

Regeni, sette giorni di torture

  • –Marco Ludovico

ROMA

Ci sono particolari raccapriccianti emersi dall’autopsia svolta in Italia sul corpo di Giulio Regeni. Ieri dall’Egitto fonti della procura hanno fatto trapelare che il ricercatore italiano è stato torturato per una settimana: notizia in effetti già nota (si veda IlSole24Ore del 27 febbraio). Poi, però, il sottosegretario del ministero egiziano della Giustizia con delega alla Medicina legale, Shabaan al-Shami, ha smentito: quelle sulle torture di Regeni sarebbero «notizie false e prive di ogni fondamento».

Un balletto di informazioni e controinformazioni dal Cairo che ha riacceso le proteste dell’Italia. Avverte il ministro degli Affari esteri, Paolo Gentiloni: «Non si alimentino versioni o piste più o meno improbabili. Ci aspettiamo dall’Egitto quella piena collaborazione che ci è stata promessa. Poi verificheremo - ha sottolineato - il rispetto di queste promesse». «Se il presidente egiziano al-Sisi vuole rimanere un amico dell’Italia deve consegnare ai nostri investigatori presenti in loco tutte le informazioni, dati e materiali in possesso delle autorità giudiziarie egiziane» osserva Giacomo Stucchi (Lega), presidente del Copasir. Alza la voce il vicepresidente Copasir, Giuseppe Esposito (Ap): «L’Italia deve essere capace di rispondere alle falsità che arrivano dall’Egitto sulla vicenda Regeni e di chiedere la verità sulla morte del ragazzo, non avendo paura di pregiudicare i rapporti economici con quel Paese». E aggiunge: «Ne va della dignità del nostro Paese, che per avere rispetto deve per prima cosa portare rispetto ai suoi cittadini e proteggerli in qualsiasi parte del mondo si trovino». Sullo sfondo c’è una partita a scacchi tra Roma e Il Cairo che si sta consumando, in particolare, sul terreno delle indagini giudiziarie. Visto, peraltro, che l’intelligence italiana in campo nulla ha potuto sapere dagli 007 egiziani. sospettati, in realtà, di aver avuto un ruolo proprio nella morte di Regeni. La prossima settimana il professor Antonio Fineschi, medico legale, e il pubblico ministero Sergio Colaiocco si incontreranno, come ha detto ieri proprio Fineschi.

Alcune informazioni sono già emerse: i segni visibili dei tagli, i traumi diffusi sul corpo, l’amputazione delle orecchie e delle unghie. Altri particolari quantomeno raccapriccianti non saranno resi noti. Per il rispetto a Regeni e alla sua famiglia, innanzitutto. Ma anche perché l’inchiesta della procura di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone e affidata al Ros dell’Arma dei Carabinieri e allo Sco della Polizia di Stato, scommette sulla possibilità di andare oltre gli accertamenti finora già acquisiti. Non poco, però, a quanto pare. I rilievi dell’autopsia, certo, sono eloquenti: l’Egitto può smentire quanto vuole sulle torture, forse così peggiora solo la sua posizione. Ma c’è anche il computer del giovane ricercatore: miniera preziosa di dati oggi in mano alla polizia giudiziaria italiana. In mano agli inquirenti, dunque, ci sono carte coperte che non possono e non devono essere messe sul tavolo: liberebbero Il Cairo da ogni responsabilità. L’inchiesta italiana, peraltro, potrebbe assumere un’altra piega se gli inquirenti egiziani condividessero gli accertamenti svolti finora.

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