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A Idomeni, dove i profughi si sentono traditi dall'Europa

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al confine tra grecia e macedonia

A Idomeni, dove i profughi si sentono traditi dall'Europa

(Ap)
(Ap)

«Se avessi saputo di restare bloccato in questo campo nel fango a Idomeni non avrei mai lasciato la Siria: questa non è l'Europa che sognavo quando ho deciso di partire», dice deluso Omar, profugo siriano di Qamishly, ingegnere con tre figli e la moglie impantanato in una mini tenda di Msf nell'inferno del campo profughi di Idomeni, dove 13mila persone aspettano di passare il confine macedone da giorni per raggiungere la Germania senza successo.

«Tornerei in Siria oggi stesso se solo la guerra finisse, una guerra che dura da cinque anni nell'indifferenza europea. Ma in ogni caso una cosa è certa e lo dica ai politici europei di Bruxelles: non tornerò nei campi profughi in Turchia perché oltre che siriano sono curdo e per noi c'è troppa discriminazione e ostilità da parte delle autorità turche».
Qui al campo che la notte scorsa ha subito un devastante diluvio di pioggia e vento, si mescolano risentimenti, speranze deluse, pianti disperati di chi sperava di raggiungere i parenti in Germania e si vede sbarrata la strada proprio a metà del lungo cammino verso la speranza.

I poliziotti macedoni ,in tenute antisommossa nuove di zecca e con le autoblindo di pattuglia tirate a lucido, al confine non fanno passare nessun rifugiato da due giorni: i profughi in coda sono seduti in terra nel fango e le immondizie esattamente da 48 ore per non perdere il posto in fila, in attesa che il piccolo cancello di lamiera si apra per qualche ora. Appeso all'ingresso dello stretto passaggio macedone dove i profughi vengono identificati e perquisiti dai poliziotti di frontiera macedone c'è un elenco di città sicure in Siria e Iraq: se vieni da Baghdad o Damasco o Raqqa, la capitale dell'Isis, non vieni più fatto passare in Macedonia perché quelle città, (questa è l'ultima novità del regolamento che cambia ogni giorno), sono ritenute sicure dalle autorità macedoni. Mohamed mi dice che è scappato proprio da Raqqa per evitare di essere sgozzato dai seguaci del Califfato a cui l'Europa ufficialmente si oppone, ma qui ritengono sicura la città da cui sono fuggito. «Sono pazzi questi europei», dice esterrefatto dalla stupidità della burocrazia euro-balcanica.

«Questa non è un crisi causata dalle guerre ma dalla disunione delle politiche europee sui migranti. Una crisi in Europa che sta diventando umanitaria per la Grecia, un paese già provato, i cui campi di accoglienza sono al limite delle capacità», dice Peter Bouckart, direttore per le emergenze di Human Right Watch al campo di Idomeni. «Chiedono ai profughi di tornare in Turchia: ma lo sanno che i bambini nei campi turchi non vanno nemmeno a scuola?», dice con pacatezza ma severo verso le decisioni di Bruxelles. Ci sarà una intera generazione perduta di siriani che non andrà a scuola per anni.
Un rifugiato mi racconta la storia del primo astronauta siriano che nel 1987 andò nello spazio e ora vive a Istanbul come un profugo. È la storia di un uomo che racconta il destino e il declino di una nazione.

«I leader europei hanno completamente perso il senso della realtà e l'accordo che Ue e Turchia stanno negoziando è uno degli esempi più chiari del loro cinismo: per ogni rifugiato che rischierà la vita in mare e verrà sommariamente rimandato in Turchia, un altro potrebbe avere l'opportunità di raggiungere l'Europa dalla Turchia secondo un programma definito di reinsediamento». Lo sottolinea Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere, aggiungendo che «questo calcolo sterile riduce le persone a meri numeri, negando loro un trattamento umano e compromettendo il loro diritto di cercare protezione».

Molti al campo di Idomeni, soprattutto chi ha bambini piccoli ammalati alla vie respiratorie o di diarrea al seguito, si arrendono e decidono di prendere i bus verso il campo profughi di Atene. Altri però sono nel frattempo arrivati. Nell'ultimo giorno ne sono giunti dal Pireo circa mille in più, ci dice Jean, responsabile per la distribuzione dei pasti nel campo di Idomeni per Medici senza Frontiere. Msf sta affrontando una sfida enorme anche economicamente, avendo sulle proprie spalle il costo e la gestione di 13mila pasti per tre turni al giorno, mille coperte e tende al giorno, l'affitto di tre appezzamenti di terreno vicini al passaggio della dogana macedone. Molti profughi sono usciti dalle aree affittate dalla Ong e i contadini di Idomeni hanno dovuto abbandonare la coltivazione dei campi, ma stanno subendo un danno che in un momento di crisi non è sostenibile senza un risarcimento pubblico.
Esraaa e sua madre, nella piccola tenda rossa tra il fango, mostrano con orgoglio e dignità Tapush, il loro gatto che si sono portate con un marsupio da Damasco per raggiungere i loro parenti in Svezia. Parlano molto bene inglese e sono istruite: famiglia di insegnanti in Siria, classe media, ora sono solo profughi nel mare di disperati di Idomeni, senza diritti e senza certezza nella civile Europa.

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