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Banche europee sotto pressione: faro sulla Bce

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Banche europee sotto pressione: faro sulla Bce

  • –Andrea Franceschi

Il settore del credito è quello che ha beneficiato di più delle politiche monetarie ultraespansive delle banche centrali. Gli istituti hanno visto ridursi di molto i costi di rifinanziamento grazie al taglio dei tassi. L’aumento delle quotazioni del mercato obbligazionario provocato dal Qe ha avuto effetti molto positivi sui bilanci degli istituti di credito dove, notoriamente, i titoli di Stato abbondano. Oggi tuttavia chi opera nel settore guarda con una certa preoccupazione a quanto potrebbe essere deciso giovedì a Francoforte quando la Bce si riunirà per il suo direttivo. La sensazione è che questa volta ci sarà più da perdere che da guadagnare dalle decisioni di Mario Draghi. Soprattutto se, come pare, la Bce deciderà di portare ulteriormente in negativo i tassi sui depositi, ossia la remunerazione sulla liquidità in eccesso che le banche tengono parcheggiata a Francoforte. Il corrispondente degli interessi che normalmente le banche pagano ai correntisti che decidono di depositare presso di loro i propri risparmi.

Questo tasso, chiamato in gergo “deposit facility”, è stato portato in negativo dello 0,10% dalla Bce a giugno del 2014. Una sforbiciata senza precedenti a cui ne sono seguite due ulteriori a settembre e a dicembre dello scorso anno e oggi il tasso si attesta -0,3 per cento. La ratio di questa mossa è duplice: incentivare le banche a impiegare prestare soldi a famiglie e imprese rendendo oneroso il deposito alla Bce e favorire la ripresa dell’inflazione. Se il primo obiettivo è stato, almeno in parte, raggiunto il secondo resta una chimera. I prezzi al consumo nell’area euro non solo non sono risaliti ma anzi sono tornati in negativo attestandosi a -0,2% a febbraio di quest’anno. Proprio alla luce di questi dati e nell’ambito dell’azione di contrasto alla deflazione è probabile che il tasso sui depositi venga portato a -0,4% giovedì dalla Bce. Detto in altri termini: se oggi una banca che ha 100 milioni di liquidità in eccesso depositata alla Bce paga alla stessa una commissione di 300mila euro da giovedì rischia di pagarne 100mila in più.

L’insidia dei tassi negativi sta soprattutto nel fatto che, per contrastarne gli effetti, le banche dovrebbero passarlo ai propri clienti. In altre parole far pagare ai propri clienti una commissione sulle somme depositate in conto corrente. Operazione che, salvo rari casi, nessuna banca ha attuato nel comprensibile timore che ciò faccia scattare una fuga dei correntisti. Che fare quindi? I margini di manovra sono esigui dato che, stando ai calcoli degli analisti di Credit Suisse, il 60% delle banche europee ha già azzerato la remunerazione sui conti deposito. O gli istituti fanno crescere altre voci di ricavo oppure il conto economico ne risentirà. Gli analisti della banca svizzera stimano che un taglio dello 0,25% dei tassi sui depositi a breve comporti una riduzione media del 3-4% degli utili per azione delle principali banche europee. Percentuale che sale al 6% nel caso delle banche italiane indicate, insiema a quelle dei Paesi nordici, tra le più vulnerabili in questo scenario. Vulnerabili anche perché, come sottolinea Domenico Rizzuto di Dr Finance Consulting, «ai problemi di redditività del settore le italiane sommano un livello di crediti in sofferenza superiore alla media». Un problema annoso, quello della qualità del credito e dei requisiti patrimoniali, tornato alla ribalta venerdì scorso dopo che la genovese Carige ha comunicato di aver ricevuto dalla Bce, nel suo ruolo di autorità di vigilanza, una richiesta di chiarimenti su liquidità e piano industriale (si veda Il Sole 24 Ore di venerdì 4 marzo). C’è soprattutto il riemergere di queste ferite e la preoccupazione per quanto potrebbe decidere giovedì la Bce dietro la negativa performance di Borsa delle banche europee in generale (-0,48% l’indice di settore) ed italiane in generale (-2% in media la performance a Piazza Affari).

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