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Polonia, è scontro aperto tra governo e Corte Costituzionale

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A RISCHIO LO STATO DI DIRITTO

Polonia, è scontro aperto tra governo e Corte Costituzionale

Afp
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La Corte Costituzionale resiste alla nuova destra di Jaroslaw Kaczynski e si fa sempre più profonda la spaccatura che in Polonia sta mettendo a rischio la tenuta delle istituzioni e le regole democratiche. E mentre i giudici costituzionali denunciano la deriva autoritaria di Diritto e Giustizia, la formazione di nazionalisti ed euroscettici che ha trionfato alle elezioni dello scorso novembre, il governo continua a ignorare completamente i consigli della diplomazia Usa e gli avvertimenti dell’Unione europea perché nel Paese vengano rispettati la separazione dei poteri e lo Stato di diritto.

La Corte Costituzionale polacca ha bocciato ieri la riforma, voluta dalla maggioranza al governo, che mette sotto controllo l’attività della Corte stessa: la legge, approvata lo scorso dicembre, rende infatti più complicata l’attività della Corte, aumentando il numero di giudici necessari perché venga presa una decisione; modifica i criteri che determinano le priorità e il calendario delle decisioni dei giudici; e cancella in un colpo solo le nomine dei giudici fatte dal precedente governo moderato.

Leggendo il lungo testo che motiva la decisione, il giudice Andrzej Rzeplinski, presidente della Corte, ha citato diversi articoli della controversa legge che - ha detto - «impedisce il funzionamento corretto di un organo costituzionale come la Corte e che introduce gravi ingerenze nella sua indipendenza e nella sua separazione dagli altri poteri, violando così i principi di uno Stato di diritto». «La legge limita sensibilmente la capacità della Corte di agire in modo indipendente e sovverte gli equilibri del sistema polacco. Per questo non può essere accettata», ha aggiunto il giudice Stanilsaw Biernat, annunciando la decisione della Corte dopo due giorni di confronto interno.

Lo scontro istituzionale in atto non trova precedenti nella storia democratica della Polonia iniziata con le prime elezioni libere nel 1989 dopo mezzo secolo di oppressione sovietica. Il governo di Diritto e Giustizia ha già fatto sapere che non riconoscerà la sentenza della Corte e che non procederà alla necessaria pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. «La decisione della Corte non ha alcun fondamento giuridico. Se accettiamo una decisione come questa allora dobbiamo stracciare la Costituzione», ha dichiarato il ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro, spiegando che spetta al Parlamento definire per legge gli ambiti di attività e i modi di operare della Corte.

L’Unione europea e gli Stati Uniti nelle scorse settimane avevano sollevato numerose perplessità sul provvedimento messo a punto da Diritto e Giustizia: la Commissione di Bruxelles dopo due lettere di avvertimento ha annunciato in gennaio l’avvio di una «valutazione preliminare» sullo Stato di diritto in Polonia, un meccanismo introdotto nel 2014 per contrastare le controverse misure introdotte in Ungheria da Viktor Orban. «L’approccio resta quello della cooperazione e del dialogo, non di accusa o polemica. Non si tratta - aveva detto il vicepresidente dell’esecutivo Ue, Frans Timmermans - di un’ingerenza nella politica polacca, la politica interna della Polonia non ci riguarda, ma è nostra responsabilità, prevista dai trattati, quella di garantire il rispetto dello Stato di diritto. Senza questo, non c’è democrazia». Sulla vicenda dovrebbe esprimersi questa settimana il Consiglio d’Europa, poi toccherà proprio alla Commissione Ue stabilire se procedere contro Varsavia: in caso di vera apertura di una procedura - e sarebbe la prima volta nell’Unione - il primo passo è la valutazione della Commissione, seguono la raccomandazione nel caso in cui persistano preoccupazioni sulla legittimità delle misure prese da Varsavia, e infine, se ritenuta necessaria, si può arrivare alla sanzione.

Il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, in una lunga telefonata con il premier polacco, Beata Szydlo, era intervenuto per stemperare la tensione, anche a proposito della nuova legge sui media che permette al governo di controllare direttamente la televisione pubblica.

Kaczynski anche due giorni fa ha risposto a muso duro agli Stati Uniti e a Bruxelles. «Siamo in grado di affrontare e risolvere i nostri problemi da soli. Possiamo trovare le soluzioni senza interventi dall’esterno. Nessuno si azzardi a parlare di legami di amicizia in queste faccende che riguardano solo il nostro Paese», ha detto il leader di Diritto e Giustizia in un raduno del suo partito, paragonando le pressioni fatte dalla comunità internazionale oggi alle ingerenze dell’Unione Sovietica negli anni del comunismo.

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