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Pronto il piano Usa per la Libia

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Medio Oriente

Pronto il piano Usa per la Libia

new york

I piani del Pentagono per una drastica escalation dei bombardamenti in Libia con l’obiettivo di infliggere un colpo durissimo all’Isis sono pronti. E sono stati presentati alla Casa Bianca, che dovrà ora decidere se e quando dare il via a una delle più ambiziose e rischiose missioni militari dell’ultimo anno della presidenza di Barack Obama: un attacco contro 30 o 40 posizioni dei terroristi dello Stato Islamico che comprendono campi di addestramento, centri di comando e depositi di armi e munizioni.

La potenziale efficacia di simili operazioni si è vista sabato scorso in Somalia, quando una combinazione di incursioni con droni e aerei ha ucciso in una singola base oltre 150 militanti dell’organizzazione che, stando alle fonti americane, si accingevano a realizzare attentati contro forze statunitensi e alleate nella regione.

In Libia, tuttavia, i bombardamenti sarebbero solo una parte dell’offensiva. Servirebbero, in realtà, anche a facilitare l’avanzata di terra di milizie filo-occidentali capaci di riconquistare territori oggi controllati da una rete stimata dal Pentagono stesso in oltre seimila estremisti, raddoppiati dallo scorso autunno. Aerei americani e alleati effettuerebbero ulteriori azioni a supporto e copertura dell’avanzata delle milizie.

I contorni del piano, rivelati dal New York Times, sono stati inizialmente delineati dal segretario alla Difesa Ashton Carter al presidente Barack Obama durante un incontro dei massimi consiglieri di sicurezza nazionale americani il 22 febbraio. A metterlo a punto sono stati l’Africa Command e il Joint Special Operations Command. Gli ostacoli non mancano: in occasione di quel vertice - e tuttora - l’opzione militare complessiva è stata considerata prematura e congelata in attesa di risultati positivi dagli sforzi diplomatici volti a far nascere un governo di unità nazionale che superi le divisioni tra le fazioni anti-Isis nel Paese. La strategia prevede nel frattempo interventi limitati contro posizioni terroriste che pongano una minaccia a interessi o personale americano.

Il conto alla rovescia verso l’escalation dei bombardamenti è tuttavia cominciato e i prossimi mesi potrebbero vedere la strategia entrare in azione. Gli Stati Uniti, impegnati a risolvere la crisi libica assieme a Italia, Francia e Gran Bretagna, vogliono sostenere il processo politico in Libia ma non aspettare troppo, dando cioè all’Isis la possibilità di rafforzarsi al punto da rendere inefficace un intervento militare che sia di dimensioni «politicamente accettabili». I preparativi sul terreno per una simile scelta sono così in corso: da mesi, sottolinea il Times, squadre speciali americane, francesi, britanniche e «forse anche italiane» sono in azione in Libia per condurre attività di ricognizione e intelligence sulla presenza dell’Isis e sui necessari obiettivi, nonché di verifica e supporto a milizie filo-occidentali considerate affidabili. Ma anche la cautela, all’interno dell’amministrazione Obama, resta significativa: lo stesso coordinamento tra le operazioni delle squadre speciali oggi sul campo si è rivelato difficile. E il rischio di affrettate offensive militari, in mancanza di veri progressi sul fronte dell’unità politica tra le fazioni e di un governo centrale credibile, è che portino a ulteriore caos e frammentazione del Paese anziché a una decisiva sconfitta della più pericolosa organizzazione di Isis fuori dalla Siria e dall’Iraq e alle porte dell’Europa.

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