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L’Irlanda torna Tigre celtica e cresce del 7,8% ma rischia di…

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L’Europa che va

L’Irlanda torna Tigre celtica e cresce del 7,8% ma rischia di restare senza governo

Il Pil dell’Irlanda è cresciuto nel 2015 del 7,8%: un passo record tra le principali economie mondiali, meglio di Cina e India. I dati diffusi stamattina dall’Ufficio centrale di statistica hanno certificato dunque un incremento che non si vedeva dai tempi della “Tigre Celtica”, a cavallo tra gli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio. Contrastano tuttavia con il quadro politico di stallo seguito alle elezioni del 26 febbraio, che hanno riservato una sostanziale bocciatura ai partiti di governo

Nel quarto trimestre il Pil è salito del 2,7% rispetto al terzo (addirittura 9,2% su base annua), trainato dal tradizionale volano delle esportazioni, ma anche da settore manifatturiero e costruzioni e dai consumi privati (+3,5% nel 2015), a conferma che anche la domanda interna è ripartita. Per quest’anno le stime ufficiali sono meno eclatanti, ma prevedono comunque un +4,3% che sarebbe la migliore performance europea. Sempre che un evento esterno come l’eventuale “Brexit” non si ripercuota sul Paese, che ha forti legami economici e commerciali con la Gran Bretagna.

Il paradosso dello stallo politico

Il brillante risultato macroeconomico arriva paradossalmente nel giorno della prima riunione del nuovo Parlamento irlandese. Negli intenti del premier Enda Kenny, quando il mese scorso aveva convocato le elezioni, la giornata odierna avrebbe dovuto sancire la sua riconferma alla guida del Paese, traghettato fuori da una grave crisi attraverso un rigoroso percorso di austerity. Certificherà invece l’impossibilità di eleggere per il momento un primo ministro, visto che dal voto non è uscita una maggioranza plausibile: il partito di maggioranza relativa, il Fine Gael di Kenny, ha ottenuto solo 50 seggi su 158, i partner laburisti appena 7 (mentre il Fianna Fail, all’opposizione, ne ha ottenuti 44). Segno che il boom economico evidenziato dai dati macro (su cui il premier ha puntato in campagna elettorale ma che è anche legato alla presenza di molte multinazionali hi-tech e farmaceutiche) non è ancora percepito come tale da ampie fasce della popolazione, che hanno voluto “punire” l’esecutivo uscente.

Il rischio di nuove elezioni

Per arrivare a un governo stabile Fine Gael e Fianna Fail dovrebbero allearsi. Nulla di impensabile in termini di programma e orientamento, se si considera che sono entrambi partiti centristi, qualcosa di molto complesso tenendo invece conto che si tratta di due nemici storici, la cui rivalità affonda le sue radici nella posizione più o meno conciliante assunta dopo la guerra di indipendenza dalla Gran Bretagna.

Finora i due partiti hanno escluso la grande coalizione, anche se negli ultimi giorni una parte dei vertici del Fine Gael si è detta disponibile a esplorare l'opzione, forse più per calcolo – far ricadere la colpa di un mancato accordo e di eventuali nuove elezioni sugli avversari – che per convinzione. Più fattibile un governo di minoranza formato dal Fine Gael, con i laburisti, gli indipendenti e altri gruppi minori, sostenuto dall’esterno dal Fianna Fail. Ma il ministro dell'Agricoltura uscente, Simon Coveney, ha bocciato nei giorni scorsi l'ipotesi di un esecutivo fragile e instabile, «che potrebbe cadere in qualsiasi momento». In caso contrario, non restano che nuove elezioni.

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