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«Accelerare su polizia di frontiera»

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«Accelerare su polizia di frontiera»

  • –Beda Romano

BRUXELLES

In un momento in cui non passa quasi giorni senza che le stesse Nazioni Unite critichino la recente bozza di accordo tra Bruxelles e Ankara per arginare l’arrivo di rifugiati dal Vicino Oriente, i ministri degli Interni dell’Unione hanno annunciato ieri qui a Bruxelles che entro aprile vogliono trovare un primo accordo politico sulla nascita di un nuovo corpo di guardie di frontiera. L'impegno giunge in un contesto difficile, sempre segnato da tensioni tra i paesi membri.

«Sono contento dei passi avanti che stiamo facendo nel negoziato su un corpo europeo di guardie di frontiera – ha detto ieri in una conferenza stampa Klaas Dijkhoff, il ministro olandese dell'Immigrazione e rappresentante della presidenza di turno dell'Unione –. Sono molto ottimista che si possa trovare tra i governi un accordo entro aprile». In dicembre, la Commissione ha presentato un progetto di doganieri comunitari, per meglio controllare le frontiere esterne dell’Unione.

L’ambiziosa iniziativa dovrebbe essere la risposta all’emergenza provocata nell’ultimo anno dall’arrivo in massa di migliaia di migranti dal Vicino Oriente e dal Nord Africa. Il testo della Commissione è ambiguo: lascia aperta la possibilità che il nuovo corpo di guardie di frontiera, composto in realtà da doganieri nazionali, possa intervenire in un paese anche senza la sua autorizzazione. L'ipotesi non piace ad alcuni stati membri. Il pacchetto richiede il benestare, oltre del Consiglio, anche del Parlamento.

Diplomatici qui a Bruxelles notano che il dossier è molto tecnico, fosse solo perché prevede nuovi livelli di collaborazione tra autorità nazionali (per esempio il porto d'armi di un militare o di un poliziotto sul territorio di un altro paese). L'ipotesi di intervento senza il benestare dello Stato in un sistema confederale, e non federale, non è facile da accettare per alcuni governi, che devono trovare un equilibrio fra la sicurezza delle frontiere esterne e la garanzia della sovranità nazionale.

La riunione dei ministri degli Interni ha avuto luogo mentre i Ventotto stanno negoziando i dettagli dell’accordo preliminare raggiunto nella notte tra lunedì e martedì con la Turchia. Tra le altre cose, l'intesa prevede il trasferimento in Turchia di tutti i migranti irregolari arrivati in Grecia. Per ogni siriano trasferito da un paese all'altro, un altro sarebbe reinsediato dalla Turchia verso l'Europa. L'obiettivo è di disincentivare il viaggio verso l'Europa di migliaia di migranti alla ricerca di fortuna.

Tuttavia, l’idea sta provocando numerosi dubbi giuridici e interrogativi politici (si veda Il Sole/24 Ore dell’8 marzo). Ieri parlando a Ginevra l’Alto Commissario dell'Onu ai diritti dell'Uomo Zeid Ra'ad Al Hussein ha detto di considerare «illegali» le espulsioni «collettive e arbitrarie» di migranti. Negativo qualche giorno fa era stato anche l’Alto Commissario dell’Onu ai rifugiati, Filippo Grandi. Zeid sarà a Bruxelles la settimana prossima per colloqui con i vertici europei.

Molti governi temono anch'essi che l'idea possa violare il diritto internazionale, tanto che le dichiarazioni ufficiali su questo nodo denotano sempre imbarazzo. Il ritorno in Turchia dipende peraltro dalla decisione di considerare la stessa Turchia un paese sicuro nell'accogliere rifugiati. La concessione dello status appare complicata: restano dubbi che il paese rispetti i criteri. La Commissione europea ha parlato di possibili necessari cambiamenti legislativi in Turchia.

Interrogativi ci sono anche da parte di molti governi sull'idea di accelerare la concessione ad Ankara di un regime di viaggi in Europa senza visto. Al di là del negoziato sulla bozza di accordo con la Turchia, i Ventotto devono fare i conti con la chiusura della rotta balcanica. C'è il timore che questa situazione possa comportare l'apertura di nuove strade, via la Bulgaria e l'Ucraina o via l'Albania e l'Italia, come ha ammesso lo stesso ministro degli Interni tedesco Thomas de Maizière.

La chiusura dei Balcani rischia di trasformare la Grecia in un enorme campo-profughi, in assenza anche di un accordo per il rinvio in Turchia delle persone giunte sulle isole greche. Peraltro, ancora ieri in una conferenza stampa il commissario all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos ha ricordato l'importanza di ricollocare i 160mila profughi arrivati in Grecia e in Italia. Sottolineando che la media dovrebbe essere di 6.000 al mese, ha notato come finora in circa sei mesi siano state ricollocate solo 885 persone.

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