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Trump contestato, salta il meeting a Chicago

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Trump contestato, salta il meeting a Chicago

  • –Marco Valsania

new york

Sulla controversa candidatura di Donald Trump adesso incombe anche lo spettro della violenza ai suoi comizi. Uno spettro che, per il costruttore che ha fatto della rabbia degli americani emarginati dalla ripresa economica e sensibili alle invettive anti-immigrati il biglietto per la nomination repubblicana alla Casa Bianca, potrebbe trasformarsi nella sfida più difficile e ingovernabile della campagna. E dare nuove munizioni ai suoi rivali - Ted Cruz, Marco Rubio e John Kasich - che ieri l’hanno apertamente accusato di esserne il principale responsabile.

I gravi tafferugli, tra sostenitori e dimostranti contro il costruttore newyorchese, sono esplosi venerdì sera in rapida successione, a St. Louis prima e a Chicago poi. A Chicago, roccaforte democratica, Trump aveva organizzato un rally presso l’arena della University of Illinois dove si erano riunite migliaia di persone, per metà supporter e per metà mobilitati al contrario da una campagna di protesta contro le sue politiche scattata sui social network. Dopo i primi incidenti a St. Louis, conclusisi con decine di arresti, Trump all’ultimo minuto ha deciso di cancellare il comizio a Chicago, tra l’entusiasmo dei protestanti e lo shock dei sostenitori. Da qui alle schermaglie fisiche, con immediati interventi della polizia, il passo è stato breve. Trump ha fatto sapere di aver annullato l’evento proprio per ragioni di sicurezza dopo aver consultato le forze dell’ordine, che però hanno negato di essere state avvertite.

Gli episodi, alla vigilia di primarie cruciali martedì prossimo in stati quali Florida e Ohio (dove tra l’altro Trump ha tenuto successivamente un comizio, con momenti di tensione quando un uomo ha cercato di salire sul palco), hanno consentito ai rivali di assumere atteggiamenti più aggressivi con il frontrunner. Kasich, che punta a una vittoria nell’Ohio di cui è governatore, ha sottolineato che nei suoi rally «non ci sono violenze» e queste «non devono avvenire ad alcun evento». Ancora: «Non so cosa accada ai suoi rally, ma non intendo parteciparvi». Cruz e Rubio, che si contendono la Florida terra natale di Rubio ma dove Trump appare oggi in vantaggio, da parte loro hanno intensificato le critiche più che alle politiche al carattere di Trump, denunciato come inadeguato alla presidenza. «Incoraggia la violenza» ha attaccato Cruz.

Di sicuro le risse attorno a Trump sono ormai diventate più che striscianti. Lui ha accusato i dimostranti di essere dei facinorosi, ma finora non sono emersi indizi o video che mostrino attacchi ai suoi sostenitori. Sono invece affiorate numerose prove del contrario. Trump stesso, se negli ultimi giorni sembra aver moderato la sua retorica e rivolgere inviti alla calma, lamentando ieri «un Paese molto diviso», è parso ripetutamente legittimare e volte incitare alla violenza: il primo febbraio durante un comizio ha chiesto ai presenti di «picchiare duramente» un dimostrante che si era infiltrato. Il 23 febbraio a un altro comizio ha detto che avrebbe voluto «prendere a pugni in faccia» un critico. In altre occasioni un suo stretto collaboratore è accusato d’aver malmenato un giornalista. E un suo fan di 78 anni, mentre un dimostrante veniva scortato dagli agenti fuori da un evento, gli ha tirato un pugno in volto.

Resta però da vedere se l’escalation della tensione - politica e fisica - nella campagna elettorale basterà davvero a danneggiare Trump e la sua immagine di outsider. Un guru della destra religiosa, Ralph Reed, ha spiegato ieri in un commento pubblicato sul Wall Street Journal uno dei segreti della popolarità del magnate immobiliare e personalità televisiva persino tra l’elettorato evangelico: questo è oggi attirato da Trump perché le sue maggiori preoccupazioni non sono fede o aborto ma il desiderio di un leader forte davanti alla debolezza dell’economia e della sicurezza nazionale. Sempre il Journal, nella sua pagina degli editoriali da sempre vicina ai conservatori, ha invitato i repubblicani a non coltivare illusioni di poter sottrarre la nomination a Trump con manovre sui delegati in seno alla Convention e di pensare invece a unirsi per fermarlo nelle restanti primarie.

Ma le divisioni tra i rivali sembrano al momento rimarginarsi solo a fatica e un unico e credibile sfidante non è ancora emerso. Rubio, in un segno di potenziali svolte in arrivo, ha invitato i propri elettori a votare per Kasich in Ohio, dove lui non ha chance, per arrestare Trump. E l’ex candidato Jeb Bush ha incontrato gli avversari del costruttore ancora in gara, compreso Cruz che finora è il rivale più forte stando ai risultati delle urne, per discutere del cruciale voto in Florida, dove Trump potrebbe vincere facilitato dalle polemiche tra Rubio e Cruz.

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